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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c - Como - archivio storico documentativo

Nani Tedeschi
Un Acquario Latino
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L’acqua dolce è vita
di: Paola Iotti e vanessa Vaio (Associazione Proteus)

Prima di giungere ai mari e agli oceani, le acque di precipitazione affluiscono nei fiumi e nei laghi, andando a formare svariati habitat favorevoli alla vita di numerose varietà di flora e di fauna. Gli habitat d’acqua dolce occupano una percentuale minima rispetto a quelli marini e terrestri, basti pensare che i sette decimi della superficie del globo sono ricoperti da acqua, per la massima parte salata o sotto forma di ghiaccio accumulato nelle calotte polari, e solo l’1% costituisce le acque interne, cioè la riserva idrica d’acqua dolce.Tali acque possono essere ferme o con moto molto ridotto negli ambienti cosiddetti lentici (dal latino lenis=calmo) come in paludi e laghi, oppure in movimento più o meno rapido negli ambienti lotici (da lotus=lavato) come in ruscelli, torrenti e fiumi. Acque lentiche e acque lotiche costituiscono un complesso reticolato ricoprente gran parte della superficie terrestre; questo meccanismo di fondamentale importanza ha iniziato a funzionare tre miliardi di anni fa circa, nel momento in cui si sono formate le terre emerse. Si può pertanto affermare che l’ambiente lacustre è antico quanto quello oceanico e che il loro destino e la loro vita sono legati indissolubilmente da un unico fattore: l’acqua. La vita che si sviluppa in mari e oceani è sempre stata posta in primo piano sia a livello scientifico che divulgativo. Le acque interne da sempre erroneamente considerate meno spettacolari e interessanti, sono state poste in secondo piano, e solo in questi ultimi anni la ricerca scientifica si è avvicinata ad esse, soprattutto per il grande problema dell’inquinamento ambientale e per il loro eventuale utilizzo come approvvigionamento idrico. Tralasciando la descrizione delle acque correnti, caratterizzate da grande dinamismo e complessità, ci avvicineremo all’ambiente lacustre, molto più tranquillo e somigliante, dal punto di vista ecologico, a quello marino. I laghi sono infatti un ottimo esempio di ecosistema chiuso, cioè un’unità che comprende tutti gli organismi animali e vegetali che vivono in un dato ambiente e che interagiscono con esso in modo che vi siano scambi di materia ed energia tra i vari organismi e tra questi e l’ambiente tendendo a una autoregolazione del sistema stesso; pertanto essi riassumono in piccolo ciò che avviene nei mari e negli oceani.

La vita nei laghi

Il popolamento delle acque dolci è, soprattutto per ciò che si riferisce agli animali, molto meno variato e ricco di specie di quello marino, ma non per questo gli abitanti di questo “mondo sommerso” sono meno interessanti dal punto di vista biologico. Una prima distinzione va fatta tra gli organismi che occupano l’ambiente pelagico delle acque libere, plancton e necton, e quelli che vivono a contatto con il fondo, benthos. Plancton è il complesso degli organismi che vivono sospesi nella colonna d’acqua e che non sono in grado di opporsi agli spostamenti delle masse d’acqua in cui si trovano, essendo dotati di movimenti propri di irrilevante entità. Si riconoscono un fitoplancton, costituito da alghe unicellulari o coloniali, microscopiche, rinvenibile solo nella zona eufotica cioè luminosa; e uno zooplancton costituito dalla componente animale, organismi caratterizzati dall’avere dimensioni molto ridotte, corpi trasparenti composti da elevate percentuali d’acqua, espansioni e filamenti per aumentare la galleggiabilità. Questi organismi costituiscono, nell’ecosistema lago, i più importanti consumatori primari. Benthos comprende gli organismi animali e vegetali viventi a stretto contatto con il fondo, distribuiti in modo eterogeneo in base alle caratteristiche  ambientali e alle esigenze relative al nutrimento, alla riproduzione e all’accrescimento. L’estensione delle varie zone in cui si distribuiscono dipende strettamente dalla morfologia delle rive e, in particolare, dalla pendenza, dalla natura del fondo e dalla trasparenza delle acque. Per quanto riguarda gli organismi animali facenti parte di questa comunità bentonica, possiamo distinguere organismi sessili (benthos fisso) e organismi vagili (benthos mobile) in grado cioè di muoversi strisciando sul fondo o scavandosi gallerie nel sedimento. Questi organismi si dispongono nelle varie zone a seconda delle proprie esigenze alimentari, del tipo di substrato e della capacità di sopportare variazioni di temperatura ed ossigeno. Sugli steli e sulle foglie delle piante sommerse è particolarmente abbondante la presenza di numerose specie di molluschi polmonati e di insetti in forma larvale come ad esempio larve di libellula. Vi sono anche spugne d’acqua dolce che vivono su substrati duri, piante e materiali immersi dall’uomo che superano l’inverno formando gemmule resistenti sia a temperature molto basse, sia all’essiccamento. Sempre su questo tipo di substrato troviamo il mollusco bivalve Dreissena polymorpha, specie originaria del Lago d’Aral e del Mar Caspio, comparsa nel Lago di Garda nel 1971 e successivamente diffusasi negli altri laghi subalpini dimostrandosi immediatamente infestante. Alcune specie bentoniche, particolarmente sensibili al variare di determinati parametri chimici, vengono utilizzate in base alla loro presenza e densità, quali indicatori biologici per la valutazione della qualità delle acque. Necton comprende gli animali capaci di nuotare attivamente e di opporsi ai diversi moti dell’acqua. I pesci sono rappresentanti caratteristici del gruppo.

I pesci del Lago di Como

I pesci sono vertebrati completamente adattati alla vita acquatica. La densità dell’acqua, circa 850 volte più densa dell’aria, ha costretto questi vertebrati ad evolversi verso forme affusolate, idrodinamiche, e a sviluppare organi di senso particolarmente sensibili di cui certamente il più curioso è l’organo della linea laterale che decorre dalla testa fino alla coda su ciascun lato del corpo, costituito da cellule ciliate in grado di percepire gli spostamenti d’acqua provocati dal nuoto di compagni, di prede e predatori in movimento, o da correnti subacquee. La densità dell’acqua è anche responsabile della struttura del tessuto di rivestimento dei pesci, la pelle infatti è pluristratificata e rivestita di scaglie e muco che impediscono il richiamo di acqua verso l’esterno determinato dalla diversa concentrazione di sali tra l’acqua e l’interno del pesce nonché per preoteggere la delicata pelle dei pesci dall’aggressione da parte di malattie batteriche e fungine. La colorazione dei pesci, argentea e chiara sul ventre e per lo più, azzurrata o scura sul dorso, risulta essere un adattamento cromatico particolarmente efficace in animali che vivono in prossimità della superficie e che possono così confondersi con il colore dell’acqua, se visti dall’alto e con quello argenteo dell’interfaccia aria-acqua, se osservati dal basso. Le varie specie di pesci presenti nel Lago di Como sono distribuite nell’ambiente lacustre a seconda della loro necessità di ossigeno, della principale fonte di nutrimento e della temperatura a loro più congeniale. Vi sono pesci (scardole, cavedani, carpe, tinche, persici, bottatrici, anguille), che tendono ad avere uno stretto contatto con il fondo e che si nutrono prevalentemente di vegetali, e organismi tipici della zona pelagica (alborelle, trote, coregoni, agoni) che in genere mal sopportano le alte temperature superficiali estive e che in questa zona trovano la possibilità di rifugiarsi in profondità.  Molte specie sono solite compiere migrazioni tra le due zone, in concomitanza di particolari momenti stagionali, come il periodo riproduttivo (lavarelli, agoni, trote) o per semplici variazioni di temperatura delle acque oltre che per motivi legati all’alimentazione (alborelle). La particolare morfologia del Lago di Como con sponde degradanti velocemente verso grandi profondità determina una presenza limitata di zone ricche di vegetazione a favore  della zona pelagica. Qui l’unica fonte di cibo è costituita dal plancton, presente in abbondanza, e da quei pesci che di esso si nutrono. Tanto la ricerca di organismi planctonici quanto quella di altri pesci presuppone la necessità di spostarsi continuamente e rapidamente su grandi distanze, per questo tutte le specie pelagiche , il Lavarello (Coregonus sp.), l’Agone (Alosa fallax lacustris) e l’Alborella (Alburnus alburnus alborella), presentano tutte una sagoma spiccatamente idrodinamica, slanciata e siluriforme. Il Lavarello, pesce tipico del Lago di Costanza, fu immesso nel Lario alla fine dell’800, vive in banchi imponenti che migrano nell’ambiente pelagico seguendo gli sciami di zooplancton. Per la riproduzione si avvicina a riva abbandonando le uova fecondate sul substrato di fondo. Mentre originari del lago di Como sono l’Agone, che deriva dalla Cheppia (Alosa fallax nilotica) specie marina che ancora oggi risale il corso del Po per la deposizione delle uova e che giungeva fino al nostro lago, dove qualche esemplare si stabilì, e l’alborella. L’alborella è un'altra specie gregaria che compie grandi spostamenti alla ricerca di cibo durante il giorno seguendo i movimenti verticali del plancton, è anche la preda fondamentale di trote di lago, pesci persici e cavedani, soprattutto quando si avvicina a riva per la riproduzione o l’alimentazione. Le specie ittiche legate all’ambiente litorale sono poche ed appartengono alla famiglia dei ciprinidi come il Cavedano (Leuciscus ceohalus cabeda), il Pigo (Rutilus pigo) e la Tinca (Tinca tinca). Il Pigo (Rutilus pigo) predilige le rive rocciose ricoperte di alghe, ha un corpo affusolato piuttosto alto e compresso in senso laterale; la sua testa, di forma conica, reca una piccola bocca inferiore adattata ad un regime alimentare a base di invertebrati e alghe di fondo. Il Cavedano (Leuscius coehalus cabeda) è uno dei pesci più facilmente osservabili da riva poiché predilige le acque superficiali ed è resistente all’inquinamento. Gli stadi giovanili sono gregari mentre gli adulti sono piuttosto solitari, lo si vede quindi o riunito in gruppi molto numerosi di individui di piccola taglia, o in individui isolati, per lo più femmine, lunghi fino a mezzo metro! La Tinca (Tinca tinca) è caratterizzata da  un apparato boccale dotato di due piccoli barbigli e di labbra assai sviluppate e carnose disposte obliquamente entrambi sede di numerosissime terminazioni nervose che consentono al pesce di rinvenire il cibo anche nella più completa oscurità. La tinca si nutre di invertebrati di fondo quali vermi, larve di insetti, crostacei, molluschi bivalvi e gasteropodi, che vengono ricercati e catturati nello spessore di sedimento di fondo grazie alla possibilità di estroflettere ampiamente la bocca e poi triturati dai robusti denti faringei. Tra i predatori litorali spicca il Pesce persico (Perca fluviatilis), da giovane vive in gruppi numerosi nutrendosi di plancton mentre da adulto conduce una vita solitaria tranne quando preda le alborelle con una caratteristica caccia di gruppo. Il suo legame con rive ricche di vegetazione è evidente durante il periodo riproduttivo quando i lunghi cordoni di uova fecondate vengono abbandonate sulla vegetazione, su radici e rami sommersi. Nel Lago di Como la presenza del Luccio (Esox lucius) è solo occasionale in quanto non trova habitat ideale mancando zone a rive fangose ricche di vegetazione sommersa, sui luoghi di deposizione delle uova e territorio di caccia del Luccio. L’attuale popolamento dei laghi citati presenta alcune specie non appartenenti alla fauna ittica locale, risultato di sconsiderate immissioni da parte dell’uomo, quali il Carassio (Carassius carassius) e il Pesce gatto (Ictalurus melas) che si sono rivelati infestanti, con una popolazione in costante aumento che potrebbe rischiare di compromettere l’equilibrio dell’ittiofauna lacustre.

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