Terre
liquide
Toccando
con mano l’innocenza della materia, sperimentandone infinite trasfomazioni,
alla ricerca dell’impasto perfetto né troppo molle né troppo refrattario
a ricevere impronta… così mi immagino Emilio Alberti all’opera, mescolando
terra ed acqua in dosi calibrate, immerso nei propri pensieri, prefigurando
le forme, compiutamente modellate, di quella materia che ora manipola
stemperandone i grumi o addensandone la fluidità eccessiva.
Il
suo è un agire praticato in silenzio, attento all’eco di rêveries trascorse
che nel suo studio si riversano dalle pareti sature di tele, tele ricche
di argenti, trasparenze cilestrine, zampilli e gorghi generati da acque
inquiete. Penetrando il suo immaginario creativo, scrosci e borboglii
paiono ora mescolarsi al suono profondo dei forni che già accolgono
il calore della fiamma... il fuoco, a breve, agirà come terzo elemento
sui primi due (terra e acqua) mentre l’aria, quarto fra questi, in forma
di lievito lunare asseconderà l’indurimento del composto. Nell’operatività
fisica governata dal pensiero meditativo, sta la perizia di Emilio Alberti,
assistita da una manualità in egual misura intrisa di poesia e capacità
operativa. La stessa che gli permetterà, dopo aver modellato le forme,
di pilotare anche la chimica dell’ossidazione nella fase finale della
coloritura e smaltatura delle opere. Una grande vivacità di colori dai
riflessi metallici e suggestive variazioni tonali ne saranno difatti
il risultato.
E’
così che, per Alberti, dal mesomorfismo incerto del primo impasto nasce
ogni opera compiuta, la cui materia accoglie il fondersi di grandi sogni
elementari articolandoli in brevi racconti enigmatici, quasi haiku,
rapidi percorsi labirintici, facendoci talvolta anche ironicamente perdere
in un bicchier d’acqua. Il nostro artista si esprime per immagini simboliche,
mescolando natura e reminiscenze oniriche, coinvolgendo l’osservatore
in dialoghi che si intrecciano secondo percorsi necessari quanto inaspettati,
come in un virtuale cruciverba sostituendovi alle definizioni verticali
e orizzontali l’incrociarsi di realtà e sogno.
La certezza fisica delle opere si dilegua così come nuvole incerte
nel cielo, come rocce fuse nel magma, terre liquide trasportate
dalla corrente all’estuario dove l’acqua salsa rifluisce mescolandosi
a quella dolce del fiume, ai confini del mare dalle profondità insondabili.
Michele
Caldarelli – novembre 2009
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