Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Secondo Tempo

Alcuni anni or sono, corredandola di una raccolta di modi proverbiali sul tema, era nata l'idea di una mostra: Tempo & Tempo". Era stata, quella, l'occasione di rendere omaggio alla passione di mio padre per gli orologi, da lui sviluppata nel creare numerose opere segnatempo; avevo invitato diversi artisti ad esporre le loro opere, sapendo che qualcuno di loro da sempre ne produceva in tema, mentre altri ne avrebbero prodotte di egregie ex novo. L'idea era piaciuta a tutti e non si esaurì nell'arco della mostra, anzi, non solo generò in me la spinta utile per organizzare altre iniziative ma a più riprese ha stimolato argomento di meditazione e discussione tra amici. Alcuni brevi testi, come prima sintesi, hanno costellato lo sviluppo dell'argomento ed ora li vorrei ulteriormente ampliare riunendoli come dire ... in un "Secondo Tempo"...

Nella vita di ognuno in principio era il tempo, infinito, immobile e riflessivo come solo l'eternità può concedere. Era l'età dell'infanzia, quando solo lo spazio pareva potesse essere sperimentato mentre il tempo talvolta non passava mai soprattutto se costretti sui banchi di scuola. Si è avviata poi la stagione puberale, piena di energia e rivolta ad un futuro di cui non immaginavamo nemmeno i confini... successivamente, maturando in noi la coscienza della tansitorietà della vita, sono iniziati i problemi: dai più diretti e fisici propri all'arco esistenziale della maturità, segnato nella migliore delle ipotesi solo dalla caduta dei capelli, ai più mediati e fittizi generati dal vivere sociale e legati alla fatica del lavoro scandito dall'avvicendarsi di settimane corte e ponti lunghi. Da allora i calendari con le festività in rosso e la diffusione planetaria dei cronografi, pur risolvendo la questione della produttività e del coordinamento del lavoro, continuano a derubarci; ci manca sempre del tempo mentre i quesiti centrali, legati allo scorrere della vita permangono ad libitum, proiettati ormai per molti, solo nella dimensione mediale delle telenovelas. Investiamo più tempo nel leggere gli orologi che a vivere in prima persona la natura del tempo stesso. "Usa il Tempo o sarà lui ad usarti", dice un vecchio adagio, e desiderosi di consumarne una gran fetta acquistiamo intere collezioni di orologi tentando di esorcizzarne l'ineluttabilità del trascorrere. Qualcuno cerca anche delle transitorie fughe nel mondo dei videogames dove, come ci insegnano i nostri figli, con solo cinquecento lire possiamo acquistare ben tre vite per l'eroe del gioco, spingendolo così a continue e paradossali quanto mercenarie resurrezioni. A sera poi, quando stanchi dell'accelerazione quotidiana ci adagiamo finalmente in poltrona, resta ancora da metabolizzare il tormentone delle ultime notizie. La diretta televisiva arma di illusoria potenza il nostro intelletto mentre l'anima, smarrita, tenta disperati zapping fra le informazioni, rimpallata crudelmente e quasi unicamente da cronache necrofile. Ricerchiamo allora una ragione comune ai parallelismi e alle congiunture spazio-temporali che dia un senso allo svolgersi degli eventi cercando di scoprirne le cause comuni, annidate forse in quache sconosciuta piega dei cicli naturali dell'esistenza. Restiamo sempre senza risposta e non ci resta che chiederci dove sono finiti il sole e la luna? Dove le stelle dello zodiaco? Dove è finito il tempo della semina? Dove il tempo perduto? La risposta, se ce n'è una, non sta certo nei quarzi o nei chip di segnatempo griffati o supertecnologici. Che cos'è il tempo, infine? Lo possediamo, visto che lo possiamo perdere o non possiamo perderlo perché comunque immanente in ogni cosa? Forse possiamo solo ricucirlo allo spazio, ossia viverlo nel produrre energia, perché, se è vero che "vivendo" ci consumiamo, così accade: produciamo energia e se non è ben direzionata non va ad effetto, quindi perdiamo tempo. Il quesito non è semplice e gli interrogativi, come vento di tempesta, sollevano acque salmastre e accelerano la navigazione del pensiero mentre le nubi popolano anche il cielo fisico fuori dalla finestra del mio studio. In questo frangente di precario equilibrio "temporale" una doppia sensazione-ricordo si affaccia alla memoria. La prima accompagna le frasi che mutano e vivono di vita propria come nel cielo le nubi in complesse figurazioni, l'altra penetra e rinvigorisce l'idea maturata osservando, un giorno, le cupole della cattedrale di San Marco a Venezia. Così accade mentre proseguo la stesura di queste righe, il contemplare e l'esprimere si accordano, grazie alla marea delle acque superiori, nella réverie di una magica navigazione. Come un gigantesco vascello rovesciato, rivedo la cattedrale di San Marco solcare il suo mare e la ricordo proprio così, con la carenatura delle cuspidi ornate di foglie-flutto. E sono, queste, le foglie di una vegetazione mistica che affonda le radici nella corporeità dello spazio e ramifica nella fluidità imprevedibile del tempo, allegorizzata come vite o "legno di vita" scolpite anche attorno ai portali delle chiese o abbarbicate ai pilastri e alle colonne che scandiscono le "navate". La possiamo riconoscere come Cattedrale-vascello quindi, come vuole la tradizione iconografica, che funge contemporaneamente da soglia fisica e veicolo virtuale utile per l'attraversamento-superamento mistico del tempo ma, se questa visione ci viene suggerita dalla simbolizzazione religiosa, un curioso interrogativo di sapore scientifico fa capolino fra le righe. Sarebbe possibile teorizzare e misurare un ipotetico "peso specifico" del tempo? Se astraessimo dalla consueta percezione sequenziale del tempo, se considerassimo il sovrapporsi istantaneo di tutti gli eventi che altrimenti in esso si diluiscono, potremmo osservare come la loro densità vari notevolmente da luogo a luogo. Che sia proprio questa densità, che chiameremo appunto "peso specifico" del tempo, ad investire di una particolare aura sopratutto i luoghi antichi vissuti e frequentati assiduamente? E' una teoria tutta da dimostrare, sempre che ci si riesca, ma che concede spazio al tempo, lo rende più tangibile, presenza dell'assenza, valore energetico generato dal vivere e dal consumarsi della materia, come il brillio che dalle profondità degli spazi siderali ci testimonia, vivente ancora per lo sguardo, la luce di astri ormai spenti. Ma se inseguendo questa luce lontana l'ombra della morte ha incrociato i nostri passi incutendo timore nei nostri animi, per esorcizzarla dobbiamo immergerci con coraggio nel fluire dell'energia, di cui si fa metafora la fontana della giovinezza, per rigenerare le nostre forze psichiche e spirituali. Della fontana della giovinezza, parallelo simbolico del "fonte mercuriale" è nota l'iconografia riportata in uno dei più famosi testi alchemici: il Rosarium Philosophorum. Una immagine emblematica posta ad illustrare la natura enigmatica della "materia" filosofale nella quale paradossalmente coincidono principio, fine e azione stessa della operatività alchemica. Un'idea circolare infinita, "rosarium" con tutte le valenze simboliche riferibili alla rosa ma anche e soprattutto alla rugiada, "ros" effetto transitorio della circuitazione dell'acqua che, evaporata la grossolanità della materia, ora mutata in nube mistica, "temporale", ritorna alla terra per fecondarne le virtù generatrici. Al "rosone" che decora i frontoni delle chiese talvolta si affianca l'iconografia mondana della ruota della fortuna, tutto transita e la metereologia tenta di misurare e prevedere il respiro delle acque; il mare vola alto nel cielo per poi risprofondare verso l'abisso gravitazionale, legando notte a notte, giorno a giorno secondo un ritmo insonne. Le previsioni meteorologiche, ultimo e strenuo baluardo della razionalità, tradiscono, nell'approssimazione, una sorta di reverenza nei confronti di quel "divino caos" che la linearità del tempo può solo attraversare concedendoci, come a bordo di un autobus da gran turismo, di osservare fuori dai finestrini la sequenza delle località. Possiamo anche mutare il percorso ma l'ubiquità non ci sarà ugualmente concessa anche se saranno possibili innumerevoli soste. Un motto latino recita, se letto nelle due direzioni: "si sedes non is" "si non sedes is". Nel moto perpetuo della vita si avvicendano infinite opzioni di percorso, ogni grado di libertà genera piacere e dolore in alterne differenti misure.Come nell'azione alchemica la morte, il dolore in tutta la loro negatività apparente non preludono ad altro che alla nascita a nuova vita, la potenzialità dell'acqua di giovinezza nutre i mutamenti. Alla bellezza propria della presunta assolutezza dello spazio cristallino in tutta la sua perfezione compiuta, fa eco di complementarietà la nobiltà dell'azione, la fatica "temporale" dell'agire. Il generare vita, apparentemente banale per il suo pervadere ogni evento naturale, muta in sogno affascinante e irragiungibile se tentato ad esempio nel campo della termodinamica. I due principi fondamentali di questa sanciscono difatti l'impossibilità di funzionamento delle macchine a moto perpetuo anche se, a onor del vero, questi stessi si basino empiricamente sul mancato funzionamento di quelle. Il Re di Persia, una parabola scientifico-letteraria di C.H.Hinton, sottolinea una condizione fondamentale del "divenire". Nel regno del protagonista ad ogni azione corrispondono uguali quantità di piacere e dolore, l'immobilità perciò equivale allo stato naturale delle cose fino a che, lui stesso, il Re, non si fa carico personalmente di una porzione aggiuntiva di dolore, minima in effetti ma scatenante e il suo regno si anima come per incanto. Di questa magnanimità regale, per certo avulsa dal tempo storico, chiunque può disporne se, armatosi del bastone del pellegrino, desidera incamminarsi verso il centro del proprio cuore. Bisogna mantenere costantemente vigile l'attenzione interiore per poter scorgere la vera bellezza della vita generata dal mutare perenne di ogni cosa. Ad ogni battito di ciglia possiamo rinascere in un mondo nuovo, sollecitando la visione a continui aggiustamenti, seguendo, come lo sguardo dell'aquila, ogni rapido movimento della nostra preda, il nostro destino.

Michele Caldarelli.


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