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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c 22100 Como
su quel sasso c'era scritto... c'era scritto su quel sasso

mostra tematica interdisciplinare
23 ottobre - 18 novembre 2004

Gudrun Sleiter
Memoria sotto i nostri passi - 1996
tecnica mista su tela - cm. 24 x 20


MEMORIE SOTTO I NOSTRI PASSI
di Paolo Balmas

Una città non è solo il luogo fisico dove vive un numero più o meno grande di persone e non è neppure l’insieme degli edifici, delle strade, delle piazze che a questo luogo danno forma. Una città è un organismo in continuo divenire, qualcosa che muta, lentamente o rapidamente a secondo dei punti di vista. Nel corpo di un uomo adulto si dice non vi sia più quasi nulla dei tessuti e degli umori che componevano il corpo del bambino e tuttavia bambino e adulto sono un medesimo individuo consapevole di se stesso e del proprio passato. Qualcosa del genere vale anche per la città, ma con una differenza: l’essere umano ricorda spontaneamente, la memoria della città invece deve essere coltivata. Il lavoro di Gudrun Sleiter forse non può essere definito una denuncia, ma sicuramente è un modo fermo quanto garbato di esprimere disaccordo sullo spirito con cui la cultura ufficiale ha fin qui coltivato, appunto, la memoria della città. Monumenti, targhe, dediche e iscrizioni da una parte, pubblicazioni, guide e manifestazioni commemorative dall’altra hanno tutte lo stesso difetto, perpetuano tutte la medesima ingiustizia: nello sforzo di celebrare personaggi ed eventi eccezionali ignorano il contributo della gente comune, l’attività costante delle moltitudini. L’argomento che in genere viene portato per giustificare una simile impostazione lo conosciamo bene: la vita di ogni giorno, ci viene detto, non produce documenti certi e ben definiti, lascia solo tracce diffuse e sbiadite o magari anche concrete, ma buone al massimo per una storia dell’economia o della cultura materiale. L’idea che Gudrun Sleiter vuole trasmetterci con i suoi quadri è che invece le voci del passato, quelle intendo, appartenute ai più, non siano affatto così difficili da rianimare e riascoltare. A patto naturalmente che si abbandoni l’atteggiamento scientifico per quello estetico. Trasportando sulla tela l’impronta dei tombini più antichi di una città come Roma (dove il sottosuolo è stracarico di testimonianze archeologiche inevitabilmente sepolte) e usando come sfondo pagine di vecchi registri ottocenteschi, la nostra artista, anzi, riesce a darci persino la sensazione che l’ideologia corrente e l’organizzazione sociale che ne consegue di queste voci abbiano timore e che, in un certo qual modo, facciano di tutto per non farle riemergere, per tenerle compresse e soggiogate. La pratica di ricalcare pazientemente, con un lavoro di accostamento fisico e quasi di devozione vecchie scritte cui nessuno fa più caso era già stata adottata in passato dalla Sleiter. Si trattava allora soprattutto di antiche lapidi tombali trovate in piccole chiese di campagna o altri luoghi poco frequentati e l’intenzione era già quella di ridare forza ed identità ad un messaggio che qualcuno a suo tempo si era preoccupato di trasmettere ai posteri. Ora però, con sigle e diciture note ma un po’ desuete, come S.RQ.R., ACQUA MARCIA o INNAFFIAMENTO e con l’accostamento ad esse di fitte scritture commerciali del secolo scorso, l’indubbio connotato romantico degli inizi diviene qualcosa di completamente diverso. Rispetto alla sciatteria estetica e alla ripetitività meccanica di omologhe scritture “di servizio” dei nostri tempi, infatti, in entrambi i casi siamo di fronte ad un surplus di decorosità e di accuratezza che se per un verso vale a ricondurci a modelli di pensiero e di comportamento oramai lontani, per l’altro riesce ad evocare, senza darlo troppo a vedere, una certa continuità strutturale tra il mondo di oggi e quello di ieri. Se poi a tutto ciò aggiungiamo un sicuro gusto del colore e della materia pittorica orientato a riprodurre con coraggioso vigore di contrasti, nouances e atmosfere dell’ambiente romano, ecco materializzata in una precisa serie di immagini l’affermazione dell’artista stessa secondo cui “a Roma si ha la precisa sensazione di poggiare i piedi sul passato e di sentirsi trasmettere, quasi per contatto, l’esperienza vissuta di un’infinità di nostri predecessori”. Un’esperienza, questa che, a Roma come altrove, si ripete e si raffina costantemente nel trasmettersi di generazione in generazione e pertanto si qualifica come un qualcosa cui l’arte può pretendere di partecipare a pieno titolo.

Gudrun Sleiter, nata in Germania. Ha conseguito il diploma all’Accademia di Belle Atti di Roma e successivamente ha frequentato il corso sperimentale di incisione presso la Calcografia Nazionale di Roma. Vive e lavora a Roma.

 

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