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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c 22100 Como
su quel sasso c'era scritto... c'era scritto su quel sasso

mostra tematica interdisciplinare
23 ottobre - 18 novembre 2004

Piero Cantù
Composizione astratta - 1973
mosaico - cm. 70 x 70


o visto Piero Cantù all’opera nel suo vasto studio-laboratorio alla periferia di Milano. L’ho visto creare « un grande mosaico da un immenso coacervo di minuscole tessere policrome; l’ho visto disegnare incidendo con una lama ben affilata la bianca superficie di un cartone.
Uno spettacolo straordinario, davvero indimenticabile: una manifestazione dell’energia vitale allo stato puro nella quale bruciano senza scorie le componenti civili ‘ della ragione, della cultura, dell’esperienza, nella tensione di un moto vorticoso delle strutture e degli spazi che, sollecitati dal giuoco perenne, irremeabile della luce, compongono l’immagine, definiscono, di volta in volta, la visione alla quale si affida la ragion d’essere di ogni sua singola opera.
La spontaneità assoluta, la totale fiducia nei segreti valori dell’istinto, presiedono l’esercizio artistico che Piero Cantù va portando avanti ormai da molti anni in piena autonomia e con sempre più rigoroso vigore mettendo a frutto il lungo e appassionato tirocinio nell’area del mosaico (Cantù, per chi ancora non lo sapesse, è uno dei più prestigiosi mosaicisti del mondo: ha alle spalle monumentali realizzazioni in proprio e traduzioni ‘ da opere dei maggiori artisti contemporanei, da Martini a Fontana a Sassu, che illustrano chiese e palazzi in ogni parte del globo: da Milano a Manila. nel Kuwait e nella Tanzania ...) e l’altrettanto lunga ed appassionata frequentazione della pittura e della scultura (di lui si conoscono dipinti d’arte sacra di alta e severa nobiltà figurativa nonché eccezionali prove nel campo della scultura: basterà citare in proposito il recente, gigantesco monumento per la piazza di Alte Ceccato).
Spontaneità, istintività, immediatezza, le qualità primarie dell’opera di Cantù, potrebbero apparire in clamorosa contraddizione con i pazienti, minuziosi procedimenti della tecnica musiva.
In realtà il valore peculiare o meglio la legittima novità estetica che Piero Cantù propone con il suo lavoro si originano proprio dal superamento di tale contraddizione: gli eventi provocati e determinati dallo sforzo di raggiungere facoltà espressive non più condizionate dagli impacci, dalle remore della tremenda ‘ materia impiegata, i segni individuati ed enunciati sotto la spinta della volontà di un’emancipazione linguistica a ogni costo, si pongono in una dimensione che prescinde la sua stessa condizione tecnica per affermarsi sul piano della poesia.
Quali siano le connotazioni di questi raggiungimenti, di queste conquiste, di questi esiti poetici di Piero Cantù non è facile indicare nei limiti di un giocoforza breve tentativo di approssimazione critica. Tutt’al massimo si potrà stabilire l’identità di alcune risonanze, non certo premeditate, talvolta anzi addirittura ancestrali. con momenti assai alti della storia planetaria dell’arte: dalla severa verticalità delle strutture e delle cromie gotiche al dinamismo spaziale della nostra ultima stagione pittorica, dalle improvvise accensioni luministiche filtrate dall’appercepimento della mistica preziosità orientale alla grandiosità architettonica della musica barocca e romantica.
Le scansioni, le cadenze, gli equilibri raffinatissimi o barbari di queste composizioni si dispongono secondo una geometria spirituale che non ha, almeno in apparenza, canoni o leggi o regole, ma che, volta per volta, riafferma con prodigiosa esattezza la necessità di un rapporto visivo con l’esistente, con la realtà, se si vuole, evocando e magari provocando il continuo intervento della memoria, della fantasia, della riflessione morale, anche della speranza in una consolante proiezione avvenire.
E’ a queste precise, severe facoltà poetiche, assai più che alle pur spesso amabili suggestioni di eleganza e di preziosità insite nel suo modus operandi, che si affida l’impegno artistico di Piero Cantù: un impegno che ha, intera, la misura della sua vita, del suo destino.

Luciano Budigna
Milano, aprile 1973 (in occasione della personale di Piero Cantù alla galleria Il Salotto)

 

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