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Maurice Henry

Testo critico di Franco Passoni
Stralcio dal catalogo della prima mostra personale di Maurice Henry
alla Galleria d'Arte Il Salotto di Como dal 16 febbraio al 1 marzo 1974.

Maurice Henry è soprattutto un "Maestro dell'humour noir", quella sensibile vena di cui riusciamo a individuare i prodotti evidenti nella letteratura, nell'arte e nella vita. Grazie agli innesti nelle sue immagini provocanti. sia dell'insolito, sia del bizzarro, del fantasioso, della logica delle crudeltà e del potere misterioso dei sogni, Maurice Henry è riuscito a imporre il suo spirito corrosivo e contestativo con un grafismo che è apparentemente inoffensivo. In Maurice Henry c'è la stessa vena narrativa di Dalì e Magritte che affiora nel tagliente segno del suo pennino.Come ha giustamente e acutamente rilevato Renzo Margonari, "nella iconografia del suo disegno nasce la magia dello spaesamento dell'oggetto (che insieme all'automatismo è una delle più importanti invenzioni surrealiste) e qualcuno sarà indotto a credere erroneamente che, nella sua opera, sia un gioco capriccioso, più monotono che divertente: al contrario è il frutto d'una carica narrativa eccezionale, contenuta e lucida, di grande incidenza". Non solo, ma in Maurice Henry c'e l'applicazione dello sdoppiamento tra l'immagine poetica nata dal segno e la lettura dell'opera stessa. Le sue immagini nascono sempre dall'automatismo, com'è noto, e dopo la lettura Maurice Henry applica un titolo che ha quasi sempre un significato differente, ponendo il fruitore in uno stato d'ambiguità provocata. Pur essendo prima di tutto un grafico, Maurice Henry dipinge dall'età di sedici anni. La sua pittura è del tutto simile, malgrado le continue esperienze, a quella dei suoi esordi artistici. La sua tecnica è molto semplice: essendo contro la bellezza e la preziosità delle materie gli fa produrre dei quadri a tinte piatte che assomigliano a manifesti. E' una pittura contro le regole, che reclama per sé il diritto alla irresponsabilità, non conformista, e dirige le sue preoccupazioni essenziali verso gli stati d'abbandono, com'è nelle regole del surrealismo. Come ha scritto Patrick Waldberg: "I surrealisti fondano la loro estetica sulle nascoste scaturigini dell'ispirazione, condannano ed escludono dal loro campo sensibile qualsiasi forma d'arte, la cui espressione rifletta una concezione logica, razionale, cioè preordinata dell'universo. Non soltanto si sentono estranei, ma si oppongono alla linea ideale che congiunge la Grecia del Pantheon a Michelangelo, a Nicola Poussin, a Chardin, a Cézanne". Lo stesso Baudelaire aveva d'altronde scritto: "il bello è sempre bizzarro " Maurice Henry riprende la definizione di bellezza data con ironia sarcastica dal Conte di Lautréamont: "Bello come il fortuito incontro, su di un tavolo anatomico, di un macchina da cucire e di un ombrello", una frase storica che fa dello spaesamento l'elemento chiave della sorpresa. E' infatti, questo, un tema che ricorre spesso nell'opera di Maurice Henry anche come soggetto. Il "macabro" viene addirittura spiritualizzato da Maurice Henry e in certe sue opere riesce a fondere, in unico slancio, osservazione e intuizione, atmosfera e evento, sesso e fantasia, natura e crudeltà. Sempre ridente e irriverente, stupito e intelligente, e ciò in virtù del principio per cui l'uomo tende per natura a deificare ciò che si colloca al limite della sua comprensione" (come ha osservato Bréton).

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