Galleria d'arte "Il Salotto"
Oscar Reutersvärd
Oscar Reutersvärd è nato a Stoccolma nel 1915.
Ha compiuto studi artistici con David Katz, Otto G.Carlsund e Fernand Léger.
La sua prima Figura Impossibile è del 1934, mentre la prima Catena Incantata
è del 1952. Nel 1954 studia a Parigi la metodologia anaglifica che, nel
'58, a Stoccolma applica nella Pittura anaglifica. Nel periodo 1968-75 sperimenta
la pittura topologica e dal '75 al '78 la stereografia binoculare applicata
alle Figure Impossibili. Fra il '79 e l'81 lavora con assurde relazioni di equilibrio
fra figure mobili e nel 1982 inizia a creare le Figure Impossibili attraverso
il computer. Nel 1985 costruisce la prima Figura Impossibile di tubi di neon
su scala monumentale. Nell'86 applica il design grafico alle infinite progressioni
dell' "impossibilità". Fra l'89 e il '91 disegna Figure Impossibili
come accompagnamento cinematico alle Fughe di Bach. Nel 1993 inaugura una monumentale
scultura "impossibile" tridimensionale costituita attraverso raggi
laser. Nel 1994 introduce le sue figure nel cyberspazio e nel 1995 sperimenta
le Figure Impossibili nella realtà virtuale. Con al proprio attivo un
lungo curriculum espositivo è presente con le proprie opere nei seguenti
musei: Centro George Pompidou e Museo Nazionale d'Arte Moderna di Parigi; Musée
des Beaux-Arts, Rouen; Muzeum Sztuki Lodzi, Lodz; Museo Statale d'Arte, Copenhagen;
Galleria Nazionale, Oslo; Museo Nazionale e Museo d'Arte Moderna di Stoccolma.
Presso la galleria d'arte "Il Salotto" è stato presentato con tre mostre personali
e in occasione di varie mostre tematiche.
via Carloni 5/c - 22100 Como Italia
Serie di francobolli dedicati a Oscar Reutersvärd
dalla Svezia.
Cinquant'anni
di figure impossibili
di Michele Caldarelli
(da Scienza 85, edizione italiana di Science 85, nr.4/1985)
Oscar Reutersvärd gode di grande popolarità presso
gli operatori nel campo della ricerca scientifica per la sua vasta produzione
di figure impossibili. Nel 1984 è caduto il cinquantesimo anniversario
della prima figura impossibile tracciata dalla mano di Reutersvärd; infatti,
se anche una immagine simile era stata riscoperta e riproposta da L.S. e Roger
Penrose sulle pagine del British Journal of Psycology nel 1958, egli aveva già
disegnato un Tribar (termine coniato da Penrose) nel 1934. Scherzosamente, il
matematico olandese Bruno Ernst ricorda che anche Paperino ha compiuto nel 1984
cinquant'anni, ma aggiunge che, forse, quando il personaggio di Walt Disney
sarà stato dimenticato, le figure impossibili di Oscar Reutersvard continueranno
a rimanere vive, ormai indelebilmente impresse nella storia.
Nato a Stoccolma nel 1915, dove si è laureato in lettere nel 1944, Reutersvärd
ha in seguito studiato teoria dell'arte a Roma nel 1949 e per due anni (1950-51)
è stato allievo di Fernand Léger a Parigi; nel 1952 ha ottenuto
anche una laurea in filosofia. Dal 1964 è docente ordinario di storia
e teoria dell'arte presso l'Università di Lund in Svezia. In cinquant'anni
questo artista ha prodotto, con incredibile fecondità, una notevole quantità
di disegni, sviluppandone i temi metodicamente e fornendo così, più
di altri artisti che pure recentemente si sono cimentati con le figure impossibili,
un prezioso materiale di studio utile per le ricerche attinenti la psicologia
sperimentale e l'elaborazione di sistemi di computer graphic. I temi dell'ambiguità
percettiva e dell'impossibilità tridimensionale propri delle assonometrie
fittizie di Reutersvard, affondano le radici, da un lato, nello sviluppo della
problematica spazio-temporale propria del Cubismo (egli stesso come allievo
di Léger si è dichiarato seguace dell'ideologia postcubista) e,
dall'altro, forse nell'iconografia medioevale, così ricca di rappresentanzioni
a doppia o a multipla lettura spaziale. A questo proposito va segnalato che,
nel campo della storia dell'arte antica, lo studio della diffusione del Romanico
lombardo al nord delle Alpi rappresenta per Reutersvard un ambito di eminente
interesse. Spesso, infatti, nei rilievi scultorei e nelle miniature di tale
epoca si accompagnano, a intrecci astratto-vegetali, elementi zoomorfi e antropomorfi
con parti del corpo in comune a due o più soggetti. Le figure impossibili,
che da quando sono apparse nella pubblicazione dei Penrose per illustrare la
teoria dei twistori hanno suscitato un sempre maggiore interesse per la possibilità
di dare rappresentazione a un universo multidimensionale, hanno anche una qualità
di test visivi, che le colloca accanto alle più classiche figure utilizzate
dalla psicologia sperimentale come la scala di Schroder, il modulo di Thiery
o l'effetto figura/sfondo di Rubin. Reutersvärd chiama scherzosamente le
proprie assonometrie assurde 'prospettive giapponesi' per la stretta analogia
col tipo di rappresentazione tradizionalmente in voga in Giappone fino all'Ottocento,
quando fu abbandonata a favore del sistema a prospettiva centrale di derivazione
occidentale. Queste figure tradiscono la visione antropocentrica rinascimentale:
da un lato, nella loro instabilità, nella loro presunta veridicità,
psicologicamente inaccettabile, sembra come affiorarvi il riferimento al rapporto
spazio-temporale, praticamente ancora irrisolto, insito nella natura dell'Universo;
dall'altro, a proposito della nostra selezione valutativa (possibile, non possibile),
vi si evidenziano, in una situazione limite, le strutture dei nostri processi
psichici di interpretazione spaziale per mezzo di rappresentazioni bidimensionali.
Nel campo della computer graphics, volendo ottenere delle funzioni macchina
che rispecchino quelle umane, la considerazione dei parametri psicologici di
valutazione si è resa necessaria quanto l'elaborazione matematica dei
dati. Da esami condotti su campioni di osservatori tipo è risultato che
la valutazione del grado di presunta realtà fisica delle figure impossibili
dipende da considerazioni condotte a due livelli interconnessi. A una prima
considerazione circa la possibilità o l'impossibilità tridimensionale
dell'oggetto rappresentato nel disegno subentra, a un secondo livello, una verifica
di questa valutazione. Combinando in vario modo i risultati dei due livelli
si giunge alla classificazione generica di quattro gradi di possibilità
(esaminati a fondo dal matematico polacco Zenon Kulpa). Figure possibili, ritenute
rispondenti, al vaglio di entrambi i livelli valutativi, a un modello reale
e figure più o meno impossibili, se riconosciute tali al primo, al secondo
o a entrambi i livelli. Da questo approccio semplificato le implicazioni psicologiche
relative alla valutazione umana delle figure impossibili risultano evidenti
e, nella loro complessità, sono ancora allo studio da parte di numerosi
ricercatori. Le figure impossibili, quali rappresentazioni di pseudosolidi,
possono essere classificate, a grandi linee, in quattro gruppi ben esemplificati
da Bruno Ernst in un suo recente scritto. Le figure più semplici e note
che rappresentano queste quattro categorie sono il Tribar (tre barre), le Endless
winding stairs (scale senza fine), gli Open Solids (solidi incompleti) e la
Impossible step pyramid (piramide impossibile a gradini). Il Tribar è
costituito da tre barre (nel caso di Reutersvärd erano state tagliate in
tre serie di cubi per aumentarne l'effetto di ambiguità spaziale) che
si interconnettono reciprocamente con angoli di 90 gradi, seguendo un modulo
basato su un triangolo che avrebbe, per somma degli angoli interni, 270 gradi
(cosa geometricamente impossibile). Nel guardare tale figura l'occhio non conclude
mai la serie di osservazioni parziali con una determinazione globale dell'oggetto,
poiché le parti si contraddicono nella loro presunta interconnessione
spaziale. Tenendo ferma l'attenzione sulla barra orizzontale le altre due barre
paiono l'una andare verso il retro della figura, l'altra procedere verso di
noi; ma, se abbandoniamo con gli occhi la barra di base e osserviamo il vertice
superiore, notiamo - cosa impossibile - che le due barre oblique si congiungono.
L'unico oggetto reale che potrebbe essere rappresentato da questa proiezione
piana, se osservato da un unico e particolare punto di vista, sarebbe una specie
di forcella divaricata i cui estremi coincidano per sovrapposizione prospettica
(cliccare qui per visualizzarne una animazione vrml);
ma ciò non corrisponde alla impressione psichica generata dal disegno
e la costruzione eccessivamente macchinosa del modello risulta estranea per
l'osservatore comune. Al giudizio percettivo tale immagine appare perciò
più facilmente come la rappresentazione di un oggetto impossibile. Le
Scale senza fne costituiscono oltre che un paradosso geometrico, un assurdo
funzionale, se si volesse ipoteticamente percorrerle: salendole o scendendole,
si arriverebbe dopo un giro completo al medesimo piano di livello. I Solidi
incompleti sono caratterizzati dalla evanescenza dei contorni, o meglio, dallo
stemperarsi di alcune parti, evidentemente solide, da un lato della figura,
nello spazio indeterminato che la circonda. La Piramide impossibile a gradini
è generata dall'uso anomalo della torsione di alcune superfici all'interno
dello strutturarsi globale della figura. Battute o alzate dei gradini paiono
animarsi, creando un magico accrescimento (o diminuzione) dei livelli di quota
di un lato dell'assonometria rispetto allo spazio contiguo. Da queste forme
madri, Reutersvärd deduce con semplicità e chiarezza una notevole
quantità di rappresentazioni derivate. Con esse l'artista connota sempre
più accuratamente le peculiarità geometriche di ogni matrice fondamentale,
ma anche, e soprattutto, fa dell'arte. Lungi dall'appesantire le opere con eccessiva
sovrabbondanza di particolari o con ingerenze estranee Reutersvärd crea
con serenità forme pulite da cui trapela la possibilità di una
rinnovata 'concezione del mondo'. Fanno fede a ciò anche, ma non ultimi,
la tecnica usata e i materiali impiegati (acquarello e inchiostro di china su
sottile carta giapponese), che gli permettono di trasfondere in figure complesse
la semplicità del suo carattere.
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