Walter Delcomune LE PORTE |
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Walter Delcomune fa tesoro di quanto Ruskin sostiene a proposito del "dipingere con le parole" per poter evocare immagini visuali nitide, incisive e icastiche. Lo stesso autore parla di "...esaltazione della percezione..." e l'opera d'arte diventa veicolo di lettura interpretativa: immagino il protagonista del poemetto tra i cantieri di una Città che sale futurista dalla quale risulta più facile compiere un "... volo minimale e alquanto universale..."; veder passare sopra lui con cambi repentini dei venti e dei colori i cieli di Turner; imbattersi in personaggi caricaturati di Brügel e come una silhouette di De Chirico decifrare gli enigmi in una Meditazione mattutina. Per possedere la Bellezza e il suo significato, è necessario compiere uno sforzo di lettura che riveli la struttura compositiva di ciò che è in esame. Così il viaggio dell'Io Eterno (Ulisse) ha inizio da "...un non luogo e da un non tempo..." , sembra proseguire secondo un andamento curvilineo tratteggiato dai termini scatto/(si) china/ascendente/fiume che delineano un paesaggio collinare in cima al quale trovare l'albero del "frutto maturo del proprio tempo...", saggezza del passato che "...sfida sul crinale di un vento innaturale...", memoria da custodire che non arresta, ma permette di aprire altre Porte, un po' magrittiane, "...svelate dal velo del mattino..." e varcate le quali, nella consapevolezza di un nuovo Essere poter partire per un altro viaggio. Camilla Sala |