Rocco Borella La
donazione Rocco Borella. a cura di Charta 1992 in copertina |
La generazione anni Venti è stata particolarmente generosa con Genova: nascono in questi anni artisti come Fieschi, Scanacìno, Caminati, Mesciulam, Fasce, Oberto (per citarne soltanto qualcuno e in ordine sparso) ognuno dei quali fornisce un contributo importante per l’arte contemporanea, originale e al tempo stesso puntualmente aggiornato sugli indirizzi della ricerca nazionale. Fra questi Rocco Borella, cui sono dedicati questa mostra antologica e il catalogo che la illustra, è certamente quello che ha perseguito con più caparbi età una ricerca autonoma sul colore che sfugge alle pur legittime istanze di “catalogazione” anche quando, come nel periodo tra i primi anni Sessanta e i primi anni Settanta, sembra procedere di pari passo con lo sviluppo delle ricerche gestaltiche e ottico-percettive. Giusta quindi e quanto mai opportuna questa iniziativa del Museo di Villa Croce che, nel riprendere il ciclo di iniziative dedicate ad artisti liguri e genovesi, aggiunge un altro tassello a quella storia dell’arte contemporanea in Liguria delineata, in una sorta di work inprogress, dall’attività di ricerca e di acquisizione patrimoniale di cui mostre e cataloghi sono il segnale esterno più evidente e tangibile. Anche questa mostra, come già la precedente di Sandro Cherchi, nasce dall’occasione di un’acquisizione patri moniale oper meglio dire di un dono prezioso dell’artista che ha consegnato al museo gran parte della sua produzione più recente insieme a opere più “antiche”, un nucleo di circa 170 opere che documenta la sua ricerca dalla fine degli anni Sessanta ad oggi. Non stupisce, ad essere sinceri, la generosità di Borella, ben nota a quanti lo conoscono, almeno quanto l’insofferenza nei confronti di riti e convenzioni sociali e di ogni forma di retorica. Fa riflettere invece che un artista come lui, che ha sempre rifiutato ogni forma di ufficialità, abbia infine individuato nel museo l’interlocutore più giusto, l’unico veramente in grado di collocare la sua opera al di fuori e al di sopra di quelle leggi del mercato, contro cui ha sempre combattuto con l’arma dell’ironia e della beffa. E mi sembra che questo catalogo, frutto di uno studio serio e filologico, tutto mirato all’analisi dell’opera, senza nulla concedere al folclore e all’aneddotìca dell’artista bohémien, possa essere una risposto giusta del museo all’artista... (dall’introduzione diSilvio Ferrari Assessore alle Istituzioni e Attività Culturali)
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