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Lino Saltini

 

Girandola N. 8 - 1966
olio su tela
cm. 34 x 24

"Ludi geometrici"

"Non sono mai contento di quello che faccio" è una frase che mi è accaduto spesso di sentire proferire, con sincerità, da Lino Saltini. La reiterazione (inesaustiva) delle misurazioni (rapporti proporzionali) e delle coloriture (velature e trasparenze cromatiche), è difatti il segreto della compiutezza di ogni sua opera. Geometrizzazioni e matematizzazioni degli spazi pittorici lo affascinano pur non inducendolo al trasferimento, automatico e univoco, di algoritmi in forme plastiche. Tempo addietro avevo avuto occasione di parlare su come una partitura della tela, in 64 caselle, costituisse base di partenza a sezionamenti aurei di linee e superfici; bisogna aggiungere qui che pochissime tinte, anche tre o due solamente, vengono combinate per la coloritura delle opere. Il tutto parrebbe riduttivo e vincolato a una scarsa possibilità espressiva, ma questo non accade e le opere lo dimostrano anche ad una analisi superficiale. La cosa non è strana e anche in altro campo si può facilmente notare come la combinazione di soli due elementi (0 e 1) dia la possibilità, nel calcolo binario degli elaboratori elettronici, di infinite variazioni e complessità espressive. L'infinitezza delle determinazioni proporzionali (estensioni lineari e di superficie) si lega ad una seconda infinitezza di rapporti di sequenza (ritmo) e ad una terza di vibrazioni di colore (intensità luminosa, tono e saturazione); il tutto riporta ad una organicità logica, ma estremamente fluida, all'interno della quale gioca, ancora una volta un ruolo fondamentale, la ricerca di quella "grazia" e di quella "intesa fra colori e valori plastici" che è peculiarità classica della ricerca artistica. In ciò non si esaurisce però ancora la pittura di Saltini che si addentra, talvolta con quasi invisibili riferimenti e tal altra in modo più evidente, nelle questioni della percezione visiva giocando sulle possibilità della "configurazione". Il rapporto fra le parti risulta così determinato anche dalla loro interazione ottica che suggerisce illusioni percettive di distorsione piana, di profondità o luminosità. La banalità di effetto è però assente, ogni suggestione non è fine a se stessa ma amalgamata al resto nella economia del dipinto, quasi celato codice biologico all'insegna di un particolare e profondo senso della "natura"

Michele Caldarelli
(per la mostra personale di Lino Saltini alla galleria Il Salotto di Como nel 1985)

 

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