Piero V. Vocris, "Gianni secomandi"
in D'Ars nr. 93 luglio 1980
Oltre la soglia dello
specchio, per Secomandi esistono nuovi mondi, un cosmo intero nel
quale “strutture germinali” entrano a far parte di uno spazio che
si sviluppa specularmente in dimensioni macro-microcosmiche: arguisce
pulsioni, presenze sottili e con un gesto tradotto immediatamente
in segni conici ne annota le tracce.
Spazio e tempo sono coordinate essenziali dell’opera di Secomandi.
Ogni volta che elabora il suo messaggio audiogrammatico, lo orienta
spazialmente annotando sul recto e sul verso, ora con segni iconici,
ora con segni verbali, le effettive posizioni astronomiche che i corpi
celesti occupano in quell’istante. Il momento dell’azione poetico-pittorica
è logoiconico per lui (computa la data, le ore, i minuti e i secondi
dell’evento), è un’estasi psichica altrettanto tesa quanto lo spazio
orientato entro cui avviene, per sintonia, il rivelato. Solo un’opera
e precisamente quell’opera, dice, può essere eseguita in un determinato
momento e luogo.
Secomandi si autoinveste di qualità demiurgiche quando, concentrando
la luce solare attraverso la lente, riproduce quelle bruciature che
saranno poi le sue stelle posizionate con precise postille alfa-numeriche.
Spesso unisce con bruciature lamine metalliche a carte da disegno
che occupano due zone differenti del dipinto pur sovrapponendosi lungo
un orizzonte di giunzione. Nei suoi “moti
correlativi del fringuello”
(1) e nelle “vibrazioni dell’etere” le pulsioni del
sottile penetrano la natura metallica; in essi l’artista si fa Héphaistos
(2) per agire sugli equilibri materia-pensiero.
Secomandi tramite le immagini cosmiche e con gli specchi (3) proietta
il sé interiore nel cosmo, rivelando in se stesso una dimensione che
trascende l’individualità consueta del corpo biogenetico. E in questo
pervenire conoscitivo di una ricerca apparentemente in due direzioni
opposte si disvela all’essere “l’altro da sé” nelle matrici più profonde
dell’esistenza.
(1) Del 1978,
opere con cui fra l’altro ha partecipato alla rassegna “Artisti italiani
in Egitto” (presentati in catalogo da Marisa Vescovo; 16 in tutto)
allestita nell’aprile 1979 all’Istituto Italiano di Cultura per la
Rea al Cairo.
(2) Efesto, la divinità ellenica del fuoco.
(3) Il periodo dello “specchio” di Gianni Secomandi (Vercurago 1926,
cfr. D’Ars nr 5/1964. pp. 61-63) copre all’incirca gli anni 1963-1969:
dapprima frammentato e variamente disposto sulla superficie del quadro;
poi unico, con forma circolare, al centro di una tela monocroma (nera
o bianca); infine, vera e propria “pupilla” (esplicita la metafora
specchio-occhio-finestra sull’infinito).
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