Sandra Orienti, in “Il Popolo” Roma, marzo 1963

Gianni Secomandi lavora a Vercurago, nel Bergamasco, e se questa condizione potrebbe sembrare quella di un appartato, il suo lavoro non denuncia soltanto un impegno serio e vitale, ma afferma altresì una volontà di nuove ricerche e di nuove espressioni. Se la sua pittura, spolverata, intrisa, animata da una materia desueta come l’alluminio, steso anche nei fondi con un procedimento particolare, sembra giocare soprattutto col monocromo, ad una osservazione più attenta la luce, nelle sue contrastanti vibrazioni e nel rapporto con lo spazio che essa lacera, appare come la protagonista di ogni ricerca e di ogni approdo, iscrivendo il lavoro del Secomandi tra le esperienze più interessanti e feconde della pittura astratta. 

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