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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c - Como - archivio storico documentativo
Gianni Secomandi
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Enotrio Mastrolonardo, "Gianni secomandi" in D'Ars n. 5 - 1964

La posizione di Gianni Secomandi è fra le più interessanti e singolari della giovane pittura italiana d’oggi. Pur apparendo sicura e precisa la sua appartenenza al clima più coraggioso e più avanzato dell’arte internazionale - in cui si raccolgono le più vive e stimolanti sperimentazioni estetiche - risulta però ancora incerta la sua qualificazione, in una piuttosto che in un’altra corrente di quel grande fiume, ove affluiscono ricerche, prove e tentativi di ogni genere, in tutte le loro svariate sfumature.
Il fatto è che Secomandi riassume nel proprio lavoro varie esperienze estetiche, nel tentativo di fondere, in una sola espressione, i più disparati mezzi di comunicazione artistica.
Osservando le sue opere, lungo un arco di tempo che va dal 1961 ad oggi, si ha una visione chiara dei suoi interessi culturali, i quali aderiscono intimamente ai contenuti delle poetiche più dibattute in questi stessi anni.
Sorvolando sugli anni di preparazione e di studio, che precedono il 1961, in questo stesso anno, in cui divampa ovunque la ribellione informale, troviamo che le ricerche sulla materia di Secomandi sono condotte con un ritmo geometrico, in un ampio spazio architettonico, che evita le casualità cromatiche e le improvvisazioni del disegno, con cui si voleva distruggere ogni riferimento non solo figurativo ma anche, e soprattutto, oggettivo, Secomandi, per sfuggire alle facili lusinghe romantiche dell’informalismo, fa ancora ricorso all’astrattismo, ma solo per quello che riguarda il rigore della composizione, l’essenzialità della forma e la misura dell’oggetto.
Fin d’allora, in quelle grandi composizioni realizzate sui toni grigi e bruni, negli ampi fondi neri, con le sabbie del lago di Lecco - sulle cui rive, a Vercurago, egli vive e opera - Secomandi rivela l’impegno oggettivo della sua pittura. Ma sarà solo più tardi, attorno al 1963, ch’egli indicherà, con estrema chiarezza, i termini essenziali del suo problema espressivo, nella dialettica intensa e costante dell’oggetto nei suoi rapporti con la realtà delle cose e le ragioni dell’intelligenza.
Alla sabbia, che sino a quel periodo era l’elemento fondamentale della sua ricerca materica, si aggiunse l’alluminio - alle volte basterà solo un filo ad indicare la presenza della materia, con l’esigenza di un ritmo o di una cadenza nella compatta uniformità dello sfondo, prevalentemente nero che consolida la visione oggettiva di Secomandi.
Ma questa oggettività non era ancora sufficiente: il ritmo determinato dal filo di alluminio che incide verticalmente il quadro non bastava a rompere lo spazio chiuso del fondo cupo, dentro cui si agita tutto un mondo segreto di sensazioni e di emozioni che Secomandi vuole svelare e portare alla luce dalle distanze misteriose dei millenni.
Quel mistero è nell’anima stessa dell’artista - è nell’anima di ognuno di noi ed è il mistero stesso della vita, della natura, del cosmo, a cui apparteniamo come gli alberi, i sassi, i fiumi, i mari, le stelle, sino alle cose più semplici ma eterne di questo mondo. Allora basterà forse solo uno specchio a rompere questo buio, ad accendere una luce nelle tenebre della nostra esistenza, della nostra stessa origine.
Ed è certo questo il significato più profondo dello specchio che Secomandi inserisce nel contesto del quadro: uno specchio che, con un’interpretazione traslata e poetica, ha luminosità spirituali, in cui si riflettono le ansie, i sentimenti e le speranze dell’artista. Oltre questi sottintesi soggettivi e questi sensi interpretativi, lo specchio di Secomandi, variando nella forma e nella disposizione compositiva, ha anche precisi valori e significati oggettivi. I riflessi che esso raccoglie dal mondo esterno. si traducono in rifrazioni luminose che si irradiano, secondo l’angolo d’incidenza nella luce, con scansioni, ritmi e cadenze che animano il quadro, mutandone continuamente l’apparenza della sua visione.
L’oggettivizzazione materica di Secomandi si consolida e si approfondisce in questi ultimi tempi, con l’impiego di materiali acciaiosi. Egli inserisce, sui grandi fondi - ora neri e ora bianchi dei quadri - lamiere di acciaio o di ferro levigato, incidendone la superficie con un segno forte che scorre ritmicamente bloccando un’immagine interiore. Uno specchio rettangolare o circolare, inserito nella lamiera, determina il punto più alto della luce, con un gioco sottile di riflessi e di toni che variano secondo la rifrazione degli oggetti.
Secomandi è teso ora costantemente alla ricerca degli effetti visivi e alla concretizzazione delle immagini, ch’egli vuole fondere, pure nella varietà materica degli elementi e nella diversità delle forme, con un sottile contrappunto di ritmi, di volumi e di toni, in una sola grande visione compositiva.
Tutto viene utilizzato ai fini di un equilibrio materico e compositivo, persino i chiodi con i quali le lamiere vengono saldate sul fondo del quadro. Tutto rientra in una precisa funzione di visualizzazione dell’immagine.
Secomandi, attraverso la sua rapida ma intensa evoluzione espressiva, rivela chiaramente di aver saputo trarre dalle più dibattute sperimentazioni estetiche attuali, le nozioni e i dati più consoni alle proprie convinzioni e alle proprie ricerche.
L’astrattismo d’oggetto, l’arte ghestaltica. la pop-art, la poetica dei rifiuti sono stati assimilati, nei loro presupposti estetici, o rielaborati da Secomandi attraverso una sperimentazione personale ben individuata, tesa, sempre più in profondità, alla ricostruzione di una realtà dell’immagine. che non è solo quella concretizzata in una forma o in una dimensione visibile, ma, soprattutto, quella segreta che è all’interno di ogni cosa, di ogni oggetto, di ogni elemento, e che fa parte di una verità universale. perché in questa più profonda realtà si agita e freme misteriosamente lo spirito stesso dell’Uomo.

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