Enotrio
Mastrolonardo, recensione in Il Cenobio n. 4 1974
Alla Galleria dei Mille
a Bergamo mostra personale di Gianni Secomandi.
La realtà di Secomandi non è quella della natura o del vero oggettivo,
allo stesso modo in cui la sua pittura non è quella tramandataci dalla
tradizione e neppure quella che, pur servendosi di mezzi e strumenti
estranei all’uso comune dell’espressione figurativa, rinnovandone
e persino capovolgendone i termini grammaticali e sintattici, rimane
sempre, anche se su un altro piano concettuale, nel linguaggio visivo.
Anche Secomandi rimane in un’atmosfera visiva, servendosi di mezzi
comuni ad altri sperimentatori, come l’uso di materiali vari, specchi,
vetri, plastiche, vernici, resine, che colloca e utilizza in modi
diversi, su piani, superfici o rilievi, secondo una propria immagine,
ma la sua ricerco non parte da una realtà concettuale mutevole e variabile
bensì procede lungo una linea scientifica, tracciata con sicure nozioni
astronomiche e precisi dati tecnologici.
Gualtiero Schoenenberger, che lo presenta in catalogo, c’informa che
“Nello studio dell’artista, un orologio
cosmico segna il passaggio, le posizioni dei pianeti e delle stelle.
Si tratta di una presenza reale, di una visualizzazione ne immediatamente
afferrabile lontano e avvolta nel mistero”.
E’ appunto la realtà di Secomandi. Una realtà che, come abbiamo già
detto, non ha nulla a che fare con la realtà naturale conosciuta e
percepita comunemente da ognuno. E’ una realtà che esiste al di fuori
di noi e della nostra vita, della quale non abbiamo alcuna conoscenza
tangibile, ma, nonostante la sua lontananza infinita, noi ne avvertiamo
ugualmente la presenza misteriosa come un inspiegabile presagio. Secomandi,
certo, più di noi ne ha il senso, non solo per l’osservazione continua
e attento del cosmo ma, soprattutto, per lo stimolo creativo che spinge
la sua fantasia ad esplorare spiritualmente la profondità dell’infinito,
per captarne segni, segnali, intuizioni - per noi inafferrabili -
da tradurre in immagini vibranti di forme e di colori. Sono dati di
un vero cosmico che, attraverso un’azione mentale e un’operazione
matematica, si trasformano in singolari impulsi pittorici.
Ed è proprio a questo punto che la pittura di Secomandi cessa di essere
tale per divenire materia viva e intensa, percorsa da segrete intuizioni
cosmiche e da sottili brividi esistenziali. Una materia viva e reale,
in cui, oltre a riflettersi - con inserti e rilievi materici, spazi
luminosi, espansioni cromatiche in cui predominano il nero e il bianco
- il senso profondo del cosmo, si avverte la presenza dell’uomo come
parte integrante dell’universo.
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