Eligio
Cesana - "Gianni Secomandi" in NAC n. 12 - 1969
SONDRIO Studio Maspes
Romegialli - Gianni Secomandi
Una considerazione dell’opera recente di Secomandi non può prescindere
dalla ricognizione del percorso seguito dalla sua ricerca, iniziata
nel 1960. Il suo linguaggio è infatti in continuo divenire, nel segno
di una sperimentazione tecnologica che non si è mai arrestata di fronte
a dati acquisiti.
E’ anche da rilevare che, nell’opera di Secomandi, la dimensione sperimentale
non ha mai preteso di proporsi come assoluto ma soltanto come mezzo
apprezzabile in ragione del risultato che consente. A differenza delle
ricerche dell’odierna avanguardia sperimentale, Secomandi non ha cercato
una integrazione tra i metodi produttivi del prodotto artistico e
quello industriale, avvalendosi delle risorse tecnologiche di questo
settore, già sistematicamente organizzate. La sua sperimentazione
procede per vie autonome, intesa a inventare nuovi processi oppure
ad adattarli a funzioni sostanzialmente diverse da quelle originarie:
quindi, tendenzialmente, a fare opera creativa più che di mediazione.
E le sue “invenzioni” (dalle morsure di acido del 1960, alla fusione
di leghe metalliche sulle tavole di masonite nel 1962, all’utilizzazione
dello specchio per introdurre una dimensione dinamica in strutture
statiche a partire dal 1963, e poi tra le tante. all’impressioni di
volute di fumo e alla incisione di linee elicoidali con volani rotanti...)
si sono succedute con rara fecondità ideativa. Il risultato del suo
ingegnoso operare non si è mai fermato all’esibizione dell’effetto
del processo produttivo, benché sempre sorprendente e talora provocatorio,
ma si è rivelato capace di una comunicazione complessa. I suoi segnali,
nati dalle più diverse materie e trattamenti, hanno sempre trovato
il medium sintattico in uno schema architettonico. ora rigoroso ora
aperto, capace di portare a dignità estetica i dati emersi dallo sperimentare.
Con queste ultime opere, il discorso di Secomandi sembra aprirsi a
proposizioni liriche, come raramente gli era accaduto in passato:
improvvise aperture della superficie su una situazione fluttuante
dove inserti oggettuali e spirali finemente graffite, sembrano evocare
il senso di una macchina macrocosmica (o microcosmica) armonicamente
pulsante. Ma una lettura in chiave di metafora non può andare oltre
il significato di queste particolari immagini, perché il discorso
di Secomandi, parte da lontano e promette un seguito. E ogni singola
proposta non rappresenta che un episodio del divenire, anche se sufficiente
da sola ad interessare il fruitore. Anche se il suo isolamento dai
canali di diffusione più lubrificati non ha giovato alla propagazione
della sua opera, quello di Secomandi resta una presenza singolare
e viva, meritevole di attenzione in un clima troppo incline ai conformismi
com’è quello in cui viviamo.
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