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LA LUCE COME SPAZIO
In pittura, a livello di percezione visiva, non mi era mai accaduto, sinora, di dovere affrontare una simile complessità di lettura. E' in effetti di labirintica ed interessante decodificazione la ricerca estetica di Daniela Giovannetti, signora lucchese, pittrice visiva dell'assenza, delle apparenze, dalla rivelazione lasciata sempre in sospeso, come in un sogno.
SINTESI ESTETICA
Come dato di base, la Giovannetti conosce primariamente l'arte del coniugare ragione a poesia, mediante una raffinata scrittura che definirei concettuale. Le difficoltà, quindi, non sussistono nella leggibilità degli oggetti metafisicamente rappresentati, quanto nella nostra percezione visiva che non riesce ad affrontare e a chiarire sempre in un unico colpo d'occhio l'insieme degli elementi compositivi e strutturali di queste opere. Esse sono il risultato di una mediata tecnica pittorica, di un'eccezionale maestria che ha inizio col disegno preparatorio per giungere pittoricamente - velatura dopo velatura - a forme "concrete", nate dal riverbero della luce, architetture di spazi silenziosi, astrattamente delineate nella realtà del colore. Sono tavole dove lo sfumato, in infinite ed impercettibili gradazioni, regna elegante, in apparenza freddo. Uno dei maestri-modello della Giovannetti (è stata lei a confidarmelo) è Vermeer, con le sue rigorose strutture compositive dove il mondo di figure, di cose, è rappresentato attraverso un impalpabile velo di apparenza. I sapienti dipinti su tavola della Giovannetti travalicano il dato immediato della visualizzazione e paiono avvertire l'osservatore che il "bello riprodotto" non è solo frutto della capacità tecnica dell'artista, ma riflettono una precisa concentrazione mentale, finalizzata verso l'obiettivo di una rappresentazione, di un'immodificabile sintesi estetica. Ma, primariamente, la Giovannetti "pensa" alla pittura in chiave essenzialmente etica.
MOMENTO ETICO
Si avverte, in effetti - conversando con la pittrice - una sorta di responsabilità morale di fronte all'oggetto prescelto da sublimare pittoricamente. Un'eticità, la sua, che vuole differenziarsi ampiamente da quella dell'artista-fotografo. Anche quest'ultimo sceglie l' "oggetto", elevandolo a momento estetico e immettendolo, con calcolata magia, in un contesto di luci ed ombre, per concentrarsi nella meccanicità dello scatto finale. Ma il divario che intercorre tra la responsabilità morale di un pittore e quella di un fotografo, di fronte al dato poetico della natura, di un paesaggio e della figura umana, è incolmabile. L'obiettivo fotografico è strumento esplicito di riproduzione mediata e, anche quando vengono usate le più accorte tecniche di trasfigurazione, permane il senso della neutralità insita nell'uso stesso del mezzo. I1 pittore, al contrario - ed è questione di anima e di strumenti di mediazione - non può mai essere neutrale. Un distinguo che s'impone esaminando in ogni minimo dettaglio la ricerca pittorica - rigorosa nella sua oggettività e solo in apparenza iperrealista - della Giovannetti. Sono tavole in cui il raffigurare ha una propria ragione etica radicata nella colta umiltà di una pittrice, che ogni giorno s'interroga sui concetti - per lei basilari - di equilibrio, di bello, di perfetto. Una sorta di sana ossessione della forma, una poetica imperiosa che porta a scegliere gli oggetti e a raccontarli come enigmi figurali, prigionieri in una metrica e in una sintassi date dal contrappunto di luci e di ombre, minuziosamente calcolate. Daniela Giovannetti compete con il mistero del vero, lo disegna, lo colora, lo immerge nel silenzio. Punta verso l'utopica vetta della perfezione, con sperimentazioni figurali sempre differenti, come microscene, che sono occasioni di realismo magico, in cui la camelia sostituisce la bottiglia bianca, le foglie dei ciclamini prendono il posto delle melegrane o di fiori secchi rossi.
IL DISEGNO
Daniela Giovanetti affronta prima il disegno, severa anticamera del dipinto, poi procede con le velature, con la sapienza di un maestro antico. Per comprendere la forza realizzativa di questa ricerca si deve, in effetti, partire proprio dal disegno preparatorio della nostra artista e ringraziare l'esistenza dell'Accademia come scuola di metodo, di apprendimento. Va rammentato che la Giovannetti si è diplomata all'Accademia di Belle Arti di Firenze, dove ha appreso l'arte del disegno come motivo di contorno lineare ed espressivo. I suoi fogli - preziosi ricami di un bianco e nero figurativi - sono già dipinti conclusi, dove si è coinvolti da una sorta di gioco lineare puro che esalta l'essenzialità poetica dell'oggetto rappresentato. Sin dagli anni dell'Accademia, Daniela Giovannetti tra la tesi di Leonardo per il quale la "linea" in natura non esiste, "non ha in sé materia o substantia alcuna" e quella di Piero della Francesca, per il quale "per disegno intendiamo essere profilo e contorni che nella cosa se contiene" opta per la tesi di Piero. Anche Lorenzo Ghiberti ha guidato, forse, la mano della giovane Daniela, quando afferma che il disegno rappresenta il fondamento: "el disegno è il fondamento et teorica di queste due arti... della teorica è origine et fondamento di ciascuna arte". I1 virtuosismo assimilato in Accademia, fa sì che la Giovannetti nasconda otticamente all'osservatore il primo passaggio, quel profilo e contorno che - come sosteneva Piero della Francesca - nella cosa contiene. I1 "disegno" della pittrice lucchese non porta solo in risalto la verità oggettiva di una natura morta lasciata, il più delle volte, precariamente poggiante su un elemento decorativo informale che rende la rappresentazione ancor più suggestiva, ma si fa anche e soprattutto messaggero di emblemi indefiniti, indefinibili. Pittrice di utopie figurali, la Giovannetti compete costantemente con se stessa per delineare spazi, prospettive che otticamente si allontanano dal nostro sguardo verso un malinconico infinito.
LUCE SIMBOLO
I1 suo è uno sperimentare costante tra la "verità" di un vaso e quella di una rosa, tra l'ombra dei suoi petali e l'allusività del bordo di un tavolo, controcanto di luci, ombre e spazi mentali in un gioco severo dove nulla è lasciato al caso, incontro dialogico tra elementi plastici opachi e vetri trasparenti. A volte viene il dubbio che la Giovannetti, per questo suo modo di rendere quasi corporeo l'oggetto rappresentato, sia tentata dalla ricerca plastica, dalla raffigurazione scultorea. Ma è situazione sperimentale che sa evitare in quanto è interiormente cosciente che la struttura tridimensionale, benché tangibile sarebbe per lei ulteriormente portatrice di dubbi. II suo poetare si fonda sull'equilibrio delle forme, sugli spazi che diventano casuali e non più il prodotto calcolato della mente. Per non parlare della poesia simbolica e concreta del colore, della possibilità infinita di lettura dell'oggetto. Grazie al gioco di una luce caravaggiesca che nel dipinto ad olio sorge all'interno stesso della rappresentazione, si svela un impalpabile silenzio metafisico. Negli interni, nei paesaggi, nelle figure, la Giovannetti va oltre il dato meramente conoscitivo, grazie a una scrittura dove l'oggetto è frutto di una proiezione magica, di un racconto in chiave apollinea, dove tutto è trasparente, intatto, apparentemente non corroso dal tempo. Dove il peccato della presunzione non è stato consumato e dove i gesti conservano l'innocenza di un Eden senza colpa.
Paolo Levi
Ha esposto in rassegne personali e collettive
1979 Galleria Blue Chips, Lucca
1980 Galleria Nazionale, Lucca
1981 Galleria I1 salotto, Lerici
1982 Studio Giorgio Vasari, Arezzo; Studio De Lorenzo, Catania
1983 Pittura toscana al Parterre, Firenze
1984 Fiera Internazionale, Bari
1985 Palazzo Priori, Volterra
1986 Galleria Nazionale, Lucca
1987 Progetto Arte, Ambasciata olandese, Roma
1988 Centro Navigli, Milano
1989 Interarte, Milano; Sugarte, Milano
1990 Italia Arte, Tokyo; Spazio Nike, Lucca
1991 Forni, Tokyo '91
1992 Carlyle Brera open gallery, Milano; Foundation E. Deglumes, Galerie Henno, Bruxelles
1993 S. Cristoforo, Lucca; Hofstra University, New York; Art. e Tabac, Palazzo Ruspoli, Roma
1995 Galleria La Filanda, Milano; Miart, Milano; Loring Gallery, Mass. USA
1996 Miart, Milano; Hofstra University, New York; Arte Padova 96
1997 Miart, Milano
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