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ETTORE SORDINI
il percorso artistico

 

 

 

 

 

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anni sessanta

...quando vedo questi esseri a forma di uovo avviarsi nelle sue tele , sulle sue carte, raggrupparsi in un angolo, impaurirsi del bianco luccicante, non posso fare a meno di temere per loro”
(Alberto
Lùcia) 

Già nel '54 Sordini aveva esposto a Roma al Salone d'Estate degli Astrattisti e alla Galleria delle Carrozze. Nei primi anni sessanta le “incursioni” a Roma si fanno più frequenti. Si consolida il rapporto con Gian Tomaso Liverani, gallerista de La Salita, che già aveva accolto una sua personale nel' 59. (1) Nel 1963 espone in questa galleria un nuovo ciclo di opere dove “il bianco delle tele e le trasparenti campiture monocromatiche acquistano valenze spaziali, di uno spazio dilatato in luce assoluta” (B.Passamani)

Frequenta i giovani pittori, diventa amico di Giulio Turcato, Corrado Cagli, Emilio Villa, che gli dedicherà l'Epigrafia Maggiore ed altri scritti. (2)

La curiosità lo spinge ad accostarsi anche al mondo del cinema collaborando ad alcune sceneggiature.
Conosce personaggi leggendari come J. Huston ma soprattutto manterrà  il ricordo  della prodigiosa abilità delle maestranze del cinema e delle loro tecniche antiche e “mirabolanti”.(4)      

Ma...Milano rimane la sua città, amata e conosciuta minuziosamente come luogo fisico e come ambiente antropologico. Ne parla la lingua, ne conosce la letteratura e ne ama la cucina, di cui è abile manipolatore, le nebbie, i “caldoni” estivi.  (3)

Nel '62 a Milano forma con Agostino Ferrari, Angelo Verga, Arturo Vermi, Ugo La Pietra ed il poeta Alberto Lùcia come teorico, il gruppo  del Cenobio. Sono uniti da l'interesse comune  per una pittura segnica, dove il segno è  come raffreddato, ridotto all'essenziale, e dall'amicizia. (5)

...si stava molto insieme, si andava a teatro, al cinema, sui navigli a bere bicchieri infiniti di vino, così come interminabili erano le nostre chiacchierate. Ogni tanto arrivava anche Alberto Lùcia, stratega di tutte le nuvole, poeta, industriale, amico poliglotta....”

E' di questo stesso anno la prima collettiva del gruppo alla Galleria il Cenobio dove l'anno successivo, Sordini espone in una personale, la serie “Battaglie per la fede”e “Almugavari”. In queste opere Sordini isola, su fondi bianchissimi, segni chiusi in lievissimi circoli ripetuti. (6)  (7)

Gli artisti del Cenobio espongono al completo nel '63 alla Galleria L'Indice a Milano e alla Saletta del Fiorino a Firenze. Poi il gruppo si scioglie, anche se l'anno successivo li troviamo ancora insieme alla Galleria del Cavallino a Venezia e alla Galleria Dell'Aquilone a Firenze. (8) (9) Sulle ragioni dello scioglimento del gruppo Sordini dirà:

I giochi ormai si facevano altrove. Quando nel '64 arriva in Europa la Pop Art dall'America, si può dire che la zuppa era già cotta. E noi invece, seguitavamo a pensare al segno, al vuoto, al nostro spazio di libertà....”

La critica anche se con notevole ritardo, ha riconosciuto l'importanza del  tentativo del gruppo del Cenobio di opporsi sia alle tendenze nichilistiche e ipercritiche nei confronti della pittura, sia all'incipiente invasione della cultura artistica americana che con il successo della Pop Art segna la fine del microclima milanese legato alle avanguardie europee.

Nel 1966 è invitato alla Biennale di Venezia.

L'anno successivo si trasferisce definitivamente a Roma. In quegli anni, contigua e spesso confusa con l'ambiente artistico, c'era a Roma una generazione di giovani architetti, alcuni ancora studenti, attenti e partecipi di ogni iniziativa e proposta culturale, anche al di fuori del loro specifico campo di ricerca. 
L'assidua frequentazione di questo mondo giovane e  stimolante, accelera forse il bisogno di cambiamento nella ricerca pittorica di Sordini  che inizierà alla fine degli anni '60 e proseguirà nel decennio successivo. Nel nuovo ciclo di opere Sordini rinuncia alla sensibilità del segno che aveva definito la sua precedente produzione. Il segno irrigidito, è impresso su fondi monocromi, appiattiti dall'acrilico ed è tracciato seguendo il contorno di maschere ritagliate in cartone.  (10)

Altre volte sono gli strumenti stessi , il cerchiografo o il curvilineo, ad essere usati come dime.  (11)

E' l'inizio di un nuova fase
definita da B.Passamani.
“dell'emozione strutturata e del dialogo con la geometria”

>>> anni settanta >>>

 

 

 

 

 

 

 

 

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