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I calzari di Empedocle

I calzari di Empedocle... da quando ho lanciato l'idea di questa mostra parlandone con artisti ed amici, non pochi sono stati gli interrogativi sollevati dal carattere insolito del titolo. Un titolo che parrebbe frutto di una libera associazione verbale di stampo surrealista e che invece, in modo del tutto consequenziale, porta a naturale sviluppo una serie di considerazioni focalizzate in occasione di mostre tematiche presentate in galleria negli anni passati.
In modo, lo confesso, anche divertito ho voluto trovare un concetto contemporaneamente di forte connotazione culturale e storica quanto dinamico, che chiunque possa indossare, letteralmente calzare per intraprendere un viaggio, o meglio, percorrere con energia d'animo e lucidità mentale la propria strada... con tutta la forza della chiarezza del compito e del coinvolgimento poetico, col cuore leggero, la mente aperta e, perché no, con un pizzico di saggezza scanzonata ...basta 'a salute e 'n par de scarpe nove... come recitava Petrolini.
Trovo che operare a livello interdisciplinare, e interstiziale costituisca condizione e a priori indispensabile di qualsiasi approccio culturale alla natura delle cose... è banalmente ovvio, non mi stancherò mai di ripeterlo: il mondo, a cui si riferiscono tutte le discipline, sia umanistiche che scientifiche, è il medesimo. Qualche mese fa ripercorrendo mentalmente alcune problematiche inerenti la texturizzazione del piano e i rapporti armonici delle forme da un lato, mentre dall'altro ragionavo sulla sinergia degli eventi climatici e la crescita organica dei vegetali, mi ero immerso in una serie di visioni ad occhi aperti, lo stormire delle fronde di un albero, l'ondeggiare di un campo di grano e poi ancora... il nuoto sincronizzato di un branco di pesci e, per stretta analogia, l'ondeggiare di uno stormo di uccelli. Era una rêverie veramente appagante e consolatoria, che suggeriva perfino fluttuanti e piacevoli sensazioni uditive, quando, non so se maggiormente per processo deduttivo o improvvisa e inaspettata visione, mi si parò davanti agli occhi, inquietante ed energica, la natura mobile della roccia, agli albori della formazione della terra, lava incandescente e fluida e insonne come l'acqua dell'oceano. Di qui, il passo successivo, sospinto ora dal fuoco, mi portò a perdermi nelle profondità dell'universo, verso quella presunta origine dello stesso di cui anche la fisica moderna sa poco o nulla. L'idea di questa energia ignea che tutto genera e tutto consuma dall'inizio dei tempi ha turbato non poco la mia precedente visione, limitata alle vicende della marea della vita sulla terra, che dall'acqua trae nutrimento e conforto. Come altre volte mi è capitato, nei momenti di incertezza razionale, mi sono allora ritrovato a cercare di riorganizzare i miei pensieri, rovistando e facendo contemporaneamente ordine nella libreria di casa alla ricerca di un appiglio da cui ripartire. E' stato così che seguendo il filo della poetica del fuoco e rispolverando la filosofia classica ho rincontrato Empedocle, personaggio nato ad Agrigento nel V secolo a.C., filosofo e scienziato, poeta e taumaturgo, figura tramandata dagli antichi in modo leggendario, che usava circondarsi di un alone sovrumano, anche nell'abbigliamento: coronato d'oro, vestito di porpora e con ai piedi calzari di bronzo per incedere con grave solennità. Mi ha immediatamente coinvolto la sua teoria cosmologica, secondo la quale individuò l'origine di ogni realtà terrena nel processo eterno di fusione e separazione ciclica di quattro elementi immutabili (terra, acqua, aria e fuoco) provocato da due forze divine contrapposte: odio e amore. Un modello cosmico di grande intensità drammatica, che peraltro vuole dare risposta razionale al dubbio centrale di ogni teoria fisica, conciliando l'eterna e immutabile armonia della visione del mondo individuata da Parmenide con la concezione metamorfica della realtà in divenire, base del pensiero di Eraclito.
Empedocle e i suoi scritti filosofici mi sono sembrati un buono spunto per una nuova mostra tematica indirizzata da un lato al confronto di argomentazioni sulla natura del mondo e dall'altro al recupero dell'approfondimento filosofico, non trascurando opportune e ulteriori digressioni interdisciplinari. In sintesi, i contributi della rassegna I calzari di Empedocle vanno a sviluppare e connotare concetti di sinergia, crescita armonica come pure a rendere visibile la visione cosmica o la circolarità dinamica, di tipo alchemico, espressa in alcuni processi creativi. I calzari di Empedocle, (uno di essi, secondo la leggenda, era stato rigettato dall'Etna dopo che Empedocle vi precipitò) costituiscono, nel nostro caso metafora seriosa, elemento fisico, supporto/tramite concreto del processo conoscitivo, di quel percorso che, nel campo dell'arte, viene determinato dalla infinita e mai esausta produzione di opere.

Michele Caldarelli, marzo 2003

 

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