D'Acqua e Terra
di: Elena Di Raddo
“Il tempo costituisce la
condizione dell’esistenza del nostro “Io”, la nostra atmosfera vitale”
ricorda Andrei Tarkovkij nel suo saggio Scolpire il tempo ed è una nozione
complessa e sfaccettata: esiste infatti un tempo assoluto, che è uno
stato - “la fiamma nella quale vive la salamandra dell’anima umana”
- la cui esistenza è il suo incarnarsi nella pratica quotidiana. E’
quindi la misurazione del tempo, che l’uomo dai tempi più antichi -
pratica attraverso l’osservazione delle stelle e la costruzione di strumenti
scientifici, un aspetto fondamentale nella attestazione della sua esistenza.
E’ a tale aspetto che si riferisce tutto il lavoro di Emilio Alberti,
che nelle sue opere indaga proprio questa misteriosa ed affascinante
dimensione dell’esistenza: quella, appunto, non del tempo contingente,
incarnato nella soggettività e nelle azioni, ma del Tempo assoluto,
nella sua dimensione di “atmosfera vitale”. Il soggetto delle opere
di Alberti sono quegli strumenti inventati dall’uomo per misurare il
tempo, come la meridiana, o per utilizzarlo nella verifica di condizioni
fisiche come il pendolo di Foucault, che con la sua oscillazione misura
il movimento terrestre.
Il conteggio del tempo attraverso la meridiana o il movimento del pendolo,
è appunto un modo per sondarne l’esistenza, per testimoniare visivamente
il susseguirsi delle ore e dei giorni. Le opere delle serie “Istanti”
e “Tracce e segnali” - dipinti-scultura più simili ai bassorilievi che
alle tele - astraggono dalla contingenza questi strumenti di misurazione
facendoli diventare simboli stessi del Tempo. Le forme stesse di obelischi
o piramidi e il modo particolare in cui viene trattato il colore, fanno
pensare a reperti dell’antichità, al passato quindi dell’uomo.
La nozione di Tempo implica, del resto, anche quella di memoria e il
suo trascorrere il passaggio da uno stato all’altro, da una condizione
ad un’altra. In tal senso è come se l’artista nelle sue opere volesse
bloccare il tempo, proiettandolo nel passato, definendone al contempo
il suo implacabile trascorrere, dimostrato dallo stesso strumento di
misurazione. I dipinti bloccano dei “momenti di stasi”- come li definisce
l’artista stesso - che rappresentano i tempi soggettivi, ma che nell’insieme
danno l’idea del Tempo assoluto.
Alcuni dipinti, inoltre, mostrano un altro elemento simbolico, accanto
a quello della meridiana, il labirinto, che idealmente unisce alla dimensione
temporale quella spaziale, dal momento che esso è prima di tutto un
“luogo”, attraverso il quale è possibile penetrare, seguendo un percorso
obbligato. Percorrere uno spazio definito è un’altra forma di misurazione
del tempo. La figura del labirinto, inoltre, ha assunto progressivamente
nelle opere di Alberti un’evoluzione: è diventata un cervello (Istanti
IX) o un’impronta (Identità, Ego) rivelando come tale forma simbolica
sia in realtà impressa nel corpo umano. Il tempo è dunque una dimensione
che incide la sua presenza anche nell’organicità dell’uomo, trasformandolo
nella degenerazione delle cellule, ma al contempo permettendone l’esistere.
In quasi tutti i lavori della serie “Istanti” e “Tracce e segnali”,
dedicati alle meridiane e ai labirinti, appare un elemento verticale
che taglia o trafigge la superficie, definendo emisferi diversi. Tale
elemento è presente anche nella serie dei “Giochi d’acqua”, dove alcune
aste trafiggono la superficie generando cerchi, spirali o increspature.
Questo elemento, che sporge dalla tela, attivizza la superficie e la
rende dinamica: svolge così la stessa funzione dell’obelisco o dello
gnomone della meridiana innestando nell’immobilità dell’assoluto, il
dinamismo degli istanti, la misurazione, quindi, del tempo. In questi
dipinti dai toni azzurri illuminati da bagliori argento la funzione
della luce, che è un aspetto fondamentale della ricerca pittorica di
Alberti, è ancora più esplicita. I colori pastello accarezzano soltanto
la superficie della tela, lavorata con stucchi, giocando con le increspature
e lasciando emergere gli effetti cangianti e luminescenti della luce.
L’immersione nello spazio della pittura risulta qui ancora più avvolgente
e dinamica, estraniante e allo stesso tempo coinvolgente. Il Tempo,
anche qui, si rende assoluto.
(dal catalogo pubblicato
in occasione della mostra "D'ACQUA E TERRA"
Galleria Il Cubo, San Fedele Intelvi (Como), 2008. Ed. D'Aran.)
Alberti figlio del sole
di: Pierre Restany
Ho sempre pensato che dipingere
fosse progettare, progettare dei viaggi infiniti frammento per frammento
attraverso lo spazio e il tempo del pensiero immaginario.
Ho sempre pensato che il pittore fosse lo scrittore della memoria, della
memoria fisica sensuale-visiva.
Emilio Alberti sarebbe l'illustrazione sintetica di queste intuizioni
mie. E' il giornalista del colore, è il viaggiatore-scrittore della
mente , con la sola differenza che la dimensione di tempo che ci suggerisce
Alberti sembra non avere ne' inizio ne' fine.
Si tratta forse di anni, ma piuttosto di anni luce.
Alberti è l'uomo dell'arcobaleno telegrafico, l'uomo che pensa il colore
nel suo percorso lampo per il ricordo nato nel momento stesso dell'emozione
o della percezione.
Questa pittura è alla ricerca istintiva dello spazio libero, dei buchi
profondi, delle fessure, di tutte le aperture possibili.
La finestra ha avuto una dimensione speciale nel percorso albertiano,
ma sempre come cornice, come pretesto formale al ritmo prepotente e
irresistibile di un soffio spaziale, vento di libertà e vento di poesia.
Il colore per Alberti è il linguaggio del giorno e della notte, della
luna e del sole. Il sole è anzitutto sorgente di luce, ma anche il sole
è il corpo stesso della luce, la sua sostanza e la sua finalità. Non
è a caso che sia il sole come tematica strutturale ad ispirare l'ultima
serie di opere dell'artista.
Il sole come sostanza della luce si frammenta da sé in elementi anatomici:
raggi, ombre sideree, pezzi di stelle o di comete, folgoranti apparizioni.
Il sole si presta dunque ad un'operazione di chirurgia anatomica come
ogni tipo di essere vitale. Tocca al pittore descriverci l'anatomia
del sole e chiarire il mistero della luce attraverso le sue ombre, le
sue angolazioni, e questo è un discorso pittorico fondamentale-elementare.
Emilio Alberti lo ha assunto con la grande semplicità che conviene all'essenzialità
dell'argomento.
(dal catalogo pubblicato
in occasione della mostra "INCOERENTE ETERNITA'"
Galleria Schubert, Milano e Galleria Il Salotto, Como, 1991. Ed. New
Press.)
Il "Tempo reale"
di Emilio Alberti
di: Giorgio Seveso
Come per un vasto e articolatissimo
mosaico di segnali e di tracce, di indizi e di sintomi Emilio Alberti
usa la pittura e la scultura, il gioco e l'impegno, il riso e la melanconia
per raccontare al mondo, in forma di immagine, le sue meditazioni.
E' un compito difficile e insieme naturale che si è assunto. Difficile
perché scomodo e talvolta ingrato. La sensibilità collettiva di oggi
s'è ormai assuefatta a discorsi semplici, a livelli elementari dell'immaginazione.
Ma è anche un compito naturale, perché in fondo è proprio questo il
ruolo dell'artista in ogni tempo: è proprio questo il suo precario destino
e insieme la sua scelta, in ogni momento rinnovati.
Un ruolo fino in fondo libertario, straordinariamente estraneo a qualunque
regola, a qualsivoglia consuetudine, abitudine o tradizione comunicativa…
Uno spazio di libertà fondamentale, fedele solo alle proprie ragioni,
che a dispeto di ogni diffidenza è riuscito, e ancora riesce, a superare
coraggiosamente gli opportunismi più diversi e i veti incrociati della
Storia.
E, anche, il coraggio di questo quarantenne artista comasco è il coraggio
senza remissione e senza giustificazione che appartiene ai poeti. Un
coraggio obbligato, reso necessario dalla natura stessa della realtà
che ci circonda. Un coraggio che si impone energicamente all'attenzione
e che intriga, che coinvolge fino in fondo il riguardante non frettoloso,
ppoiché come scriveva Paul Eluard, "la verità dei poeti è come
la verità filosofica. Si impone con i fatti, con la vita, con la ragione
senza compromessi: con la ragione ardente!".
Per dire di lui e del suo lavorodi questi anni, può essere di qualche
chiarezza ricordare una citazione di Savinio, il pittore e scrittore
fratello di Giorgio De Chirico, di cui Alberti ha spesso citato pensieri
ed opere in occasione di mostre precedenti. "L'arte - scriveva
- è la soluzione più felice al problema della felicità". E in un
mondo come il nostro davvero l'utopia formidabile che stà dentro a quest'idea
diviene più che mai d'attualità, più che mai "ardente". Le
tessere del suo mosaico, insomma, dentro questo assunto, si compongono
in un progetto riconoscibile, in un disegno palpabile e appassionato.
Ciò che egli viene realizzando nella solitudine del suo studio e dei
suoi pensieri custodisce, più che una metafora, più che immagini stilisticamente
o narrativamente definibili, il segno cospicuo e concreto di una serie
di intuizioni laceranti. E' una suite di memorie e di idee, di oggetti,
di forme e coloriche rispondono alla clamorosa e suggestiva messa in
scena d'un gran spettacolo dell'animo.
Del resto, proprio come faceva Savinio, anche Alberti usa il mezzo della
scrittura in parallelo alla ideazione e alla realizzazione manuale di
queste sue opere. Anzi, direi che scrittura, pittura e scultura sono
per lui parti uguali, o modi diversi ma equivalenti, dello stesso discorso
recitativo: della stessa mise en scène di cui prima dicevo.
Come per una sorta di simultaneità di riflessione e di azione, l'immagine
prende vita al centro d'una confluenza di stimoli e risposte immaginifiche,
di memorie e di invenzioni che si concretizzano nell'intuizione che
dà corpo alla rappresentazione visiva. (…)
(Dal catalogo pubblicato
in occasione della mostra "TEMPO REALE",
a cura del Comune di Como Assessorato alla Cultura, Como,1993. Ed. Nodo.)
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