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COSMOGONIE
il grande mistero dell’universo esplorato da
Paolo Barlusconi
progetto culturale interdisciplinare a cura di Michele Caldarelli

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Microcosmologia
ovvero
il Cosmo dal punto di vista di un fisico della Materia
(e anche un giro turistico tra atomi e nanoparticelle)

Alfredo Dupasquier
Politecnico di Milano – Polo regionale di Como

Per la filosofia classica e medioevale, il filosofo era anche fisico: cioè uno che s’intendeva - o pretendeva d’intendersi - sia di Fisica sia di Meta-Fisica. Dopo Galilei, quindi dopo la fondazione della Fisica come scienza sperimentale, la confusione tra fisico e filosofo non è più possibile. Il fisico affronta lo studio della natura chiedendosi “cosa esiste? come posso dimostrare sperimentalmente l’esistenza di ciò che esiste?” Il confine tra Fisica e Meta-Fisica è dunque ben segnato e ovviamente definisce anche il limite di questo mio intervento ad un incontro in cui si vuol parlare di Cosmologia. E a questo punto è meglio chiarire subito che parlare di cosmologia con un fisico vuol dire sia rinunciare sin dal principio ad un punto di vista antropocentrico sia accettare a priori una posizione di tipo riduzionista. Cerco di spiegarmi.

Il mondo che i fisici sono culturalmente e professionalmente portati a studiare e discutere è quello delle cose, non quello delle persone. L’interrogativo ontologico di Pascal “Qui sommes nous?” non avrà mai risposta dai fisici; la domanda giusta sarebbe forse “Que sommes nous?”, cosa siamo? Nel tentativo di rispondere a questa domanda, il fisico si porrà ad un livello più fondamentale di quello del biologo, che affronta fenomeni legati alle capacità di vita. Per le leggi della Fisica, non esistono differenze tra uomini, animali e cose. L’approccio del fisico all’ontologia fondamentale è (deve essere) di tipo strettamente riduzionista: la complessità ridotta alle sue componenti elementari, l’evoluzione del cosmo regolata da poche leggi universali, forse una sola legge onnicomprensiva. Devo però subito segnalare che esistono livelli diversi di riduzionismo. Il livello più radicale è quello a cui sono più naturalmente inclini i fisici delle particelle elementari, cioè di quelle particelle che non hanno una struttura interna differenziata e quindi non possono dividersi in parti. Il cosmo, per un riduzionista estremo, è un insieme di particelle fondamentali; l’evoluzione dell’Universo si comprende se si conosce il modo in cui queste particelle si sono formate, hanno interagito, si sono trasformate. Un riduzionismo diverso, meno radicale, è quello per il quale l’”edificio” cosmo non equivale ai “mattoni” di cui è composto; non si spiega solo conoscendo le proprietà delle particelle elementari ma anche i comportamenti collettivi, di cui nessuna traccia resta se un sistema complesso viene scomposto in parti. Ad esempio, la semplice vibrazione della corda di un violino è un fenomeno incomprensibile se la corda viene disaggregata in particelle. Questo punto di vista è quello a cui sono maggiormente portati i fisici che studiano particelle non elementari, cioè atomi, molecole, ma soprattutto sistemi complessi come liquidi e solidi. Il campo di attività di questi fisici da alcuni anni si chiama “Fisica della Materia”: è una etichetta non molto felice ma ormai accettata; non vi venga fatto di pensare che per contrapposizione possa esistere anche un Fisica dello Spirito: tutti i fisici studiano fenomeni reali: onde, particelle elementari, fenomeni meteorologici, geologici, astronomici. A me personalmente il riduzionismo moderato della Fisica della Materia mi sembra un approccio più completo e flessibile; ma del resto anch’io sono un fisico della Materia.

Attualmente, il mio principale campo di ricerca riguarda i metalli, in particolare le leghe a base di alluminio o di magnesio. Cerco di sapere come e perché i diversi atomi che compongono una lega si aggregano in nanoparticelle. Mostrerò qualche immagine di questo microcosmo, per far capire quale sia il mondo che io sono in grado di esplorare; questo è l’unico cosmo che io – professionalmente – conosco. Dirò anche qualcosa sui mezzi disponibili per un’indagine strutturale di sistemi così piccoli (un nanometro è un miliardesimo di metro, meno di 10 atomi messi in fila). L’argomento “mezzi di indagine” non è secondario. Un approccio sperimentale alla ricerca della realtà vincola la conoscenza che si acquisisce allo strumento che è stato usato per acquisirlo.

Vi invito ora a seguirmi in un breve viaggio turistico nel mondo delle nanoparticelle e degli atomi all’interno di una lega di magnesio. Le leghe di magnesio sono materiali molto leggeri e, al tempo stesso, molto resistenti. Il tipo di lega di cui vi presenterò qualche immagine è usato per i rotori degli elicotteri. Tutta l’industria del trasporto, terrestre ed aereo, tende a far sempre maggior uso di leghe leggere: quelle di alluminio sono le più tradizionali e conosciute, quelle di magnesio rappresentano in gran parte ancora il futuro. Il materiale su cui stiamo lavorando quando l’abbiamo ricevuto dal produttore era una barra di 5 cm di diametro, di chiara lucentezza metallica. Ne abbiamo ritagliato un pezzetto quanto più sottile possibile, poi lo abbiamo assottigliato ulteriormente erodendolo con un attacco chimico e infine bombardandolo con un fascio di particelle cariche (ioni) finché, almeno in qualche parte, è diventato abbastanza sottile da essere facilmente attraversato dagli elettroni lanciati da un microscopio elettronico. Ecco cosa appare, a una scala di 100 nm: delle particelle scure a forma di bastoncino e delle striscie più sottili e meno scure, più o meno parallele tra loro.

Aumentiamo l’ingrandimento, per veder meglio come sono fatte le striscioline. Ecco cosa si vede ora (la scala è 20 nm nel riquadro a sinistra in alto, 10 nm nel riquadro grande, nel riquadro in basso a sinistra si è risoluzione atomica): ci accorgiamo che le striscioline sono molto fitte e, infine, possiamo vedere che sono formate da qualche fila di atomi di una specie (nella lega c’è, oltre al magnesio, l’argento, lo zirconio e il neodimio) inserita tra le file del metallo base.

La microscopia elettronica è un mezzo di investigazione molto potente, ma non dice tutto quello che vogliamo sapere. Per fortuna, abbiamo altri metodi. Per esempio, è possibile strappare mediante forze elettriche ad uno ad uno gli atomi da un campione e farli volare verso un rivelatore. Il tempo di volo e il punto preciso in cui l’atomo colpisce il rivelatore sono gli indizi che permettono di accertare la natura chimica dell’atomo arrivato e di ricostruirne, mediante il calcolo, la traiettoria fino al punto di partenza. Ripetendo l’operazione per centinaia di migliaia di volte, si può ricostruire un’immagine tridimensionale del materiale com’era prima di smontarlo atomo per atomo. Ecco un esempio, nel quale si vede la disposizione degli atomi di diversa specie (indicati artificialmente con colori diversi) in un pezzetto di lega di alluminio contenente zinco, magnesio e argento.


Gli atomi in un cristallo sono disposti in posizioni regolari; talvolta però alcune posizioni che dovrebbero essere occupate da un atomo restano vuote. Questi posti vuoti, che sono detti “vacanze”, hanno molta influenza sulle modifiche strutturali in un solido. Purtroppo nessun microscopio può vedere atomi che non ci sono. Per studiare le vacanze, iniettiamo nel materiale dei positroni, che sono particelle di antimateria, in tutto simili agli elettroni tranne che per la carica elettrica (positiva per i positroni e negativa per gli elettroni). I positroni reagiscono con gli elettroni annichilando ed emettendo raggi gamma, ma prima di annichilare hanno il tempo di infilarsi spontaneamente nelle vacanze.Quando poi annichilano, la radiazione che emettono ci informazioni su ciò che circondava il positrone annichilato, quindi sulla struttura del materiale intorno alle vacanze. I positroni non sono visibili a nessuno strumento, ma dove l’esperimento non arriva, può aiutare il calcolo. Ecco nella figura il risultato di un calcolo che mette in evidenza mediante colori diversi le posizioni nelle quali è più probabile che il positrone si trovi in un cristallo di alluminio contenente una vacanza. Questo calcolo ci può dire quali sono gli atomi che il positrone tocca mentre è rintanato nella vacanza.

Ho presentato alcuni esempi per illustrare come un fisico può addentrarsi nei segreti del microcosmo. Il primo passo che il fisico compie è l’osservazione, aiutata dalla previsione teorica. Ma qui devo chiarire un punto fondamentale: nello studio di un sistema in generale il fisico non si ferma al puro livello osservazionale, cioè non cerca solo la risposta alla domanda “cosa esiste?”, a cui si deve necessariamente aggiungere l’altra “cosa succede?”. Il fisico tenta anche di “spiegare” gli oggetti e i fenomeni osservati, per rispondere quindi alle domande “perché questo oggetto esiste? perché questo tal fenomeno avviene?”. Un tentativo di spiegazione presuppone una fiducia deterministica: se qualcosa esiste o avviene, non è per caso. Ci deve essere, a monte, una ragione. E, di conseguenza, se io riesco ad individuare le ragioni di un accadimento, posso riprodurlo o almeno prevederlo.

La Fisica è dunque ancora una scienza legata al determinismo? Non hanno detto tutti i filosofi della Scienza che la Meccanica Quantistica ha posto fine alla fiducia deterministica della Fisica Classica? Bene, non equivochiamo. Il determinismo non è affatto morto e sotterrato, altrimenti gli scienziati potrebbero chiudere i loro laboratori e andare a godersi l’aria aperta. Ciò che la Meccanica Quantistica ci ha insegnato è che al determinismo stretto della Fisica Classica si deve sostituire un determinismo statistico, nel quale le previsioni esatte non riguardano i singoli individui ma i valori medi o le somme. Se queste medie o somme riguardano una popolazione di moltissimi individui, ciò che conta è davvero solo il comportamento medio o globale. Questa è certamente la situazione di qualsiasi sistema macroscopico (cioè visibile, manipolabile senza strumenti particolari); ma per fortuna, anche addentrandosi nel microcosmo di una struttura analizzata atomo per atomo, le previsioni sui comportamenti medi degli insiemi di atomi possono essere in linea di principio esatte e verificabili.  In definitiva, per continuare con l’esempio delle leghe metalliche, non mi basta sapere come gli atomi si associano a formare nanoparticelle, voglio anche sapere perché lo fanno e se cambiando qualcosa nelle condizioni dell’esperimento posso influire sul processo.

Parlare della capacità di influire sui fenomeni fisici mi porta all’ultimo punto del mio intervento. Il giornalista francese José Artur, noto per suoi aforismi pungenti, ha sarcasticamente riformulato il triplice interrogativo ontologico di Pascal in “Qui suis je? Où vais je? Qu’est-ce qu’on mange a midi ? ». Ebbene, se mettiamo le cose sul piano dell’utilitarismo, dobbiamo chiederci a che serve indagare sul microcosmo. Tutti i fisici rispondono che, in linea di principio, la ricerca scientifica non ha bisogno di giustificarsi in base alle applicazioni. L’obiettivo della ricerca scientifica è la conoscenza. Gli scienziati ritengono che la conoscenza sia comunque un valore. Che poi porti buoni o cattivi frutti, non si può prevedere. Quello che io posso dirvi è che le nanoparticelle nelle leghe che io sto studiando hanno grande influenza sulla resistenza meccanica del materiale, e perciò le mie ricerche potrebbero dare risultati utili per sviluppare leghe con migliori caratteristiche tecniche di quelle attuali. Se queste nuove leghe serviranno a costruire migliori aerei per passeggeri o più micidiali aerei da combattimento, non lo so. Mi piacerebbe saperlo, ma non lo so.

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