Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c 22100 Como
ANIMA-LI

mostra tematica interdisciplinare
21 febbraio al 1 aprile 2004

Credenze e saperi sugli animali
di Giuliana Lanata

 

Animale simbolico, l’uomo, nell’immaginare il suo universo,
ha potuto considerarsi distinto dalla natura e credersi fatto
ad immagine di Dio: l’animale è sempre stato là a ricordargli
la sua appartenenza alla natura.

Jacques Barrau

 

1. “C’è un’isola chiamata Diomedea, dove si trovano numerosi aironi. Essi, a quel che si dice, non aggrediscono i Barbari, ma neanche li avvicinano. Se invece approda un Greco, per una sorta di dono divino si avvicinano spiegando le ali come fossero mani per accoglierli e abbracciarli. E se i Greci li toccano non fuggono, ma restano immobili e si lasciano toccare; e se si siedono, gli volano in grembo, quasi fossero invitati a banchetto. Sono, si dice, i compagni di Diomede, che presero parte con lui alla guerra di Troia. In seguito, essi mutarono la loro primitiva forma umana in quella di uccelli, anche se conservano tuttora la loro natura di Elleni e di filelleni”.

“All’origine, dio fece l’indole delle donne in modi distinti. Una la fece da una scrofa dalle lunghe setole. Nella sua casa, ogni cosa è sparsa e rotola per terra, sudicia e senz’ordine; lei, poi, senza nemmeno lavarsi, con un vestito che non ha mai visto l’acqua, ingrassa acquattata su un letamaio... Un’altra (la fece) da una cagna... vera figlia di sua madre... Un’altra gli dèi Olimpii la plasmarono con la terra, e la diedero all’uomo per sua disgrazia... Un’altra (la fecero) da una donnola, razza funesta e sciagurata... Un’altra la generò una raffinata cavalla dalla lunga criniera”.

Abbiamo qui due testi lontani nel tempo, e anche nell’intento. Il primo passo, prosastico, si legge in apertura di un’opera di Claudio Eliano, autore di origine romana e di lingua greca, databile al secondo/terzo secolo dopo Cristo. L’opera, in diciassette libri, s’intitola, nell’originale greco, Le caratteristiche degli animali, ma è più nota con il titolo La natura degli animali. Essa è organizzata in capitoli, spesso ma non necessariamente brevi, in cui l’autore raccoglie una serie di dati sulle più diverse specie di animali. L’autore attinge a materiali precedenti, di cui cita spesso le fonti, e che sono in parte comuni ad altre raccolte congeneri, come le Storie di Plinio, o l’Intelligenza degli animali di Plutarco; ma non è escluso il ricorso ad opere di intento scientifico classificatorio come La natura degli animali e Le parti degli animali di Aristotele. Anche la tradizione orale degli “intenditori” aveva la sua parte come fonte di informazione. Le opinioni e le notizie riferite da Eliano vanno quindi considerate come facenti parte di un patrimonio di saperi sugli animali abbastanza diffuso, che potrebbe essere definito come una sorta di etologia fantastica non priva di rapporti con la zoologia ‘scientifica’ da un lato, con il mondo della vera e propria fiaba dall’altro.
Il secondo testo che ho citato all’inizio consiste in alcuni stralci dalla poesia più famosa di Semonide di Amorgo, un poeta vissuto, secondo l’opinione corrente, nella prima metà del settimo secolo a.C. . Il componimento è in dialetto ionico e in verso giambico; e qui sarà opportuno ricordare che all’interno delle forme letterarie della poesia greca la iambiké idéa, la forma tipica del genere giambico, è tradizionalmente collegata con l’aggressività e con il ‘biasimo’. E’ la poesia giambica che, fin dai suoi inizi, utilizza a scopo satirico materiale tratto dalla fiaba, e più precisamente dalle fiabe di tipo esopiano, quelle che hanno come personaggi degli animali parlanti: “E perché dovrebbe sembrare strano che parlino, se hanno una natura divina?”, si chiedeva polemicamente un tardo scoliasta di Omero. Gli animali della cosiddetta ‘satira contro le donne’ di Semonide non parlano, ma non è escluso che anch’essi mantengano un qualche rapporto con la fiaba, come dirò più avanti.

2. Per quale motivo ho scelto di prendere le mosse da due passi che in apparenza hanno poco o nulla in comune, appartengono a generi letterari quanto mai diversi, sono cronologicamente così distanti fra loro e per di più sono citati in ordine cronologico inverso? Debbo dire, con una franca ammissione di edonismo storiografico, che li ho scelti perché mi piacciono. Mi piacciono perché mostrano con l’immediata evidenza del racconto quanto labile e insieme complesso possa essere, nella rappresentazione degli antichi, e più specificamente dei Greci, il confine fra l’animale e l’uomo.
Il primo testo, quello sugli aironi delle Tremiti, mostra che, in un certo immaginario greco, il transito tra l’uomo e la ‘bestia’, nella direzione che porta dall’uomo all’animale, può verificarsi, classicamente, in una metamorfosi, la cui memoria è conservata da uno o più racconti mitografici. Il mito dei compagni del morto eroe Diomede trasformati in uccelli e insediati su un’isoletta dell’Adriatico è riferito con molte varianti da poeti, poligrafi, mitografi e persino sant’uomini come Agostino, sia greci sia latini. Molto, nella loro nuova vita, ricorda quella antica, umana: essi costruiscono sull’isoletta una complicata città sul modello di Tebe, lavano e curano la tomba di Diomede, sanno distinguere i buoni dai malvagi, spariscono alla vista degli Illiri, o, in un’altra visione, scacciano qualunque barbaro osi avvicinarsi, insomma “preservano un elemento di grecità in una terra straniera e ostile”. Storie non molto diverse si raccontavano, ad esempio, per Achille: anche in esse figuravano uccelli, che potevano volare ovunque, e far da tramite fra questo e altri mondi, fino alle isole dei Beati’.
Il racconto di Eliano illustra assai bene credenze e pratiche cultuali antiche e diffuse secondo cui un essere, umano o divino, maschile o femminile, per ragioni genetiche o per circostanze sopravvenute, per il bene o per il male, in via definitiva oppure incidentalmente, poteva fare la prova dell’animalità. Come ricorda a giusto titolo Oddone Longo, “non v’era stato un tempo in cui la stessa Atena era civetta, Era vacca, Zeus toro? Solo la rivoluzione che agli albori della civiltà greca avrebbe imposto il canone antropomorfico alle divinità olimpiche doveva rendere essenziale l’interscambio di forme, e la forma umana degli dèi sarebbe divenuta la regola”.
Nel passo di Claudio Eliano, romano filelleno che accetta con naturalezza la metamorfosi dei compagni di Diomede, il metamorfismo degli aironi avrebbe comportato una curiosa peculiarità: gli animali metamorfici avrebbero conservato, nella nuova forma, tracce psicologiche e culturali peculiari del loro passato umano, gli uccelli di Diomede non avrebbero perduto la capacità di distinguere il Barbaro dall’Elleno, rifuggendo dal primo, assumendo spontaneamente atteggiamenti conviviali con il secondo. Una consapevolezza così forte della superiorità razziale dei Greci è forse secondaria rispetto al mito principale, ma ritorna in un altro passo della Natura degli animali (16. 24) in cui si afferma che ad avere un debole per i Greci erano secondo Eliano talune cavalle di razza italiana talmente ‘filellene’ da riconoscere istantaneamente e infallibilmente, per qualche misteriosa capacità, i Greci, nei cui confronti mostravano una vera propensione amorosa, tanto da voler dormire accanto ad essi, mentre rifuggivano dai Barbari come da bestie selvatiche.
Si incrociano, in quest’ultimo passo, segmenti di vari stereotipi, fra cui quello della superiorità del greco sul barbaro, e vi si apprende anche che l’animale è in grado di provare, per l’uomo ‘giusto’, quindi greco, una passione amorosa; questa può essere talora sublimata, oppure avere esiti tragici, o grotteschi. Un delfino innamorato di un bellissimo giovanetto di Iaso uccide per disgrazia, durante uno dei loro giochi abituali, il suo singolare eromeno, e si suicida sul suo cadavere dopo essere riuscito a trasportarlo a riva: è la novella sentimentale raccontata da Eliano. Animale ‘culturale’ per eccellenza, amante della musica e delle arti, il delfino è rappresentato come un eroe da romanzo. Un’analoga finezza di sentimenti, una sensiblerie affine a quella di molti prodotti letterari coevi si può ritrovare nelle storie di serpenti innamorati di belle fanciulle e quanto mai romanzeschi sono anche gli strani triangoli amorosi fra animali di vario genere, inclusi un cane e un ariete, da un lato, una arpista ed anche il re d’Egitto, dall’altro’.
La fiaba, nel suo registro basso, è talora più beffarda, e meno propensa ad ammettere metamorfosi ben riuscite. Una gatta, racconta Esopo, innamorata di un bel giovanetto, ottiene da Afrodite di essere trasformata in una bella ragazza. Ma il giorno delle nozze, messa a prova dalla dea che libera nella stanza nuziale un topolino, si mette a inseguirlo, e la dea irata la restituisce alla natura primigenia. Si potrebbe supporre che la metensomatosi sia destinata a un insuccesso quando la direzione è quella dall’animale all’uomo: ma questo non è vero almeno per un uccello, la gru. Allegando la testimonianza di Alessandro di Mindo, grande ornitologo del primo secolo d.C., Eliano afferma che verso la fine della vita le gru sono trasformate in esseri umani come ricompensa del rispetto che hanno sempre tributato ai loro genitori; e aggiunge che la notizia non può essere revocata in dubbio, perché Alessandro è troppo intelligente e non ha nessun interesse a mentire. Anche Celso, il filosofo neoplatonico che nel secondo secolo d.C. combatte la tesi antropocentrista dei cristiani e difende la tesi della pari dignità e dell’eventuale superiorità dell’animale, nel quarto libro del suo Discorso vero esalta, senza per altro far cenno alla metamorfosi, il comportamento delle gru come esempio di autentica pietà filiale; e lo accosta a quello della fenice, di cui afferma che a distanza di anni ritorna in Egitto portando con sé il padre morto e avvolto in una palla di mirra per seppellirlo nel tempio del sole’.
Tale versione, addotta anch’essa come prova di eusebeia da parte dell’animale, è alternativa a quella più diffusa e teatrale secondo cui la fenice, ogni cinquecento anni, si bruciava da sola su un letto di aromi, cantando inni funebri in proprio onore. Quella accettata da Celso deriva da Erodoto, il quale, con netto razionalismo ionico, le rifiuta ogni credibilità. Celso, colto filosofo platonico, a suo modo razionalista, impegnato in una polemica contro la credulità e l’irrazionalità dei cristiani, non è per altro disposto a lasciare per strada credenze, o pezzi di credenze, che appartengono a una sapienza arcana ed esotica al cui fascino, da buon medioplatonico, egli non si sottrae. Più propenso a mettere in mostra, nell’animale, le caratteristiche intellettuali, Eliano preferisce invece sottolineare, nella fenice, la capacità di calcolare esattamente lo spazio di cinquecento anni senza l’aiuto dell’aritmetica.
Ma per tornare al tema della trasformazione dell’animale in uomo, ossia alla metensomatosi verso l’alto, alla hodos ano, dal pesce al filosofo, dirò che essa si è coagulata in miti religiosi e filosofici che talora presuppongono una parentela di tutto il vivente ancora più ampia di quella uomo-animale. Il mio discorso, che tende a privilegiare un tipo di credenze meno colte e strutturate, non prenderà in esame, se non occasionalmente, forme forti, come ad esempio i grandi miti platonici, che riorganizzano ‘favole’, proverbi, indovinelli, racconti di metamorfosi in chiave filosofica e politica (...)

 

Per gentile concessione dell’autrice, brano tratto dal saggio
Credenze e saperi sugli animali contenuto negli atti del convegno
Saperla più lunga... I moderni di fronte alle teorie e alle pratiche degli antichi

Quaderni del ramo d’oro Nr. 3 - 2000
Università degli studi di Siena - Centro Interdipamentale di Studi Antropologici sulla Cultura Antica


Giuliana Lanata (12-03-1931) ha sperimentato varie strade del mondo antico prevalentemente (ma non solo) greco, a partire dal volume di esordio: Poetica preplatonica, La Nuova Italia, Firenze (1963) per arrivare al più recente fra i suoi scritti: Omero e i suoi doppi, in "Seminari romani", IV 2, Roma (2001).

Segnaliamo fra i suoi saggi: Sul linguaggio amoroso di Saffo, in "Quaderni urbinati di cultura classica" II (1966), pp.63-79 (trad. inglese in Ellen Green, Reading Sappho's contemporary approaches, University of California Press, Berkeley - Los Angeles, 1996); Esercizi di memoria, Bari, Levante, (1989).
Fra i classici tradotti
: Ippocrate, Opere, Boringhieri, Torino (1961) - Celso, il discorso vero, Adelphi, Milano (1987).
Fra i suoi saggi
femministi: Sogni di donne nel primo cristianesimo, Torino, Loescher (1996).

Ricordiamo inoltre l’organizzazione con Silvana Castignone del convegno internazionale: Filosofi e animali nel mondo antico tenutosi presso il centro di Bioetica di Genova nel 1992.(gli atti del convegno sono stati pubblicati da Edizioni ETS, Pisa nel 1994)

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