Credenze
e saperi sugli animali
di Giuliana Lanata
Animale simbolico, l’uomo, nell’immaginare il
suo universo,
ha potuto considerarsi distinto dalla natura e credersi fatto
ad immagine di Dio: l’animale è sempre stato là a ricordargli
la sua appartenenza alla natura.
Jacques Barrau
1.
“C’è un’isola chiamata Diomedea, dove si trovano numerosi aironi.
Essi, a quel che si dice, non aggrediscono i Barbari, ma neanche
li avvicinano. Se invece approda un Greco, per una sorta di dono
divino si avvicinano spiegando le ali come fossero mani per accoglierli
e abbracciarli. E se i Greci li toccano non fuggono, ma restano
immobili e si lasciano toccare; e se si siedono, gli volano in grembo,
quasi fossero invitati a banchetto. Sono, si dice, i compagni di
Diomede, che presero parte con lui alla guerra di Troia. In seguito,
essi mutarono la loro primitiva forma umana in quella di uccelli,
anche se conservano tuttora la loro natura di Elleni e di filelleni”.
“All’origine, dio fece
l’indole delle donne in modi distinti. Una la fece da una scrofa
dalle lunghe setole. Nella sua casa, ogni cosa è sparsa e rotola
per terra, sudicia e senz’ordine; lei, poi, senza nemmeno lavarsi,
con un vestito che non ha mai visto l’acqua, ingrassa acquattata
su un letamaio... Un’altra (la fece) da una cagna... vera figlia
di sua madre... Un’altra gli dèi Olimpii la plasmarono con la terra,
e la diedero all’uomo per sua disgrazia... Un’altra (la fecero)
da una donnola, razza funesta e sciagurata... Un’altra la generò
una raffinata cavalla dalla lunga criniera”.
Abbiamo qui due testi
lontani nel tempo, e anche nell’intento. Il primo passo, prosastico,
si legge in apertura di un’opera di Claudio Eliano, autore di origine
romana e di lingua greca, databile al secondo/terzo secolo dopo
Cristo. L’opera, in diciassette libri, s’intitola, nell’originale
greco, Le caratteristiche degli animali, ma è più nota con
il titolo La natura degli animali. Essa è organizzata in
capitoli, spesso ma non necessariamente brevi, in cui l’autore raccoglie
una serie di dati sulle più diverse specie di animali. L’autore
attinge a materiali precedenti, di cui cita spesso le fonti, e che
sono in parte comuni ad altre raccolte congeneri, come le Storie
di Plinio, o l’Intelligenza degli animali di Plutarco; ma
non è escluso il ricorso ad opere di intento scientifico classificatorio
come La natura degli animali e Le parti degli animali
di Aristotele. Anche la tradizione orale degli “intenditori” aveva
la sua parte come fonte di informazione. Le opinioni e le notizie
riferite da Eliano vanno quindi considerate come facenti parte di
un patrimonio di saperi sugli animali abbastanza diffuso, che potrebbe
essere definito come una sorta di etologia fantastica non priva
di rapporti con la zoologia ‘scientifica’ da un lato, con il mondo
della vera e propria fiaba dall’altro.
Il secondo testo che ho citato all’inizio consiste in alcuni stralci
dalla poesia più famosa di Semonide di Amorgo, un poeta vissuto,
secondo l’opinione corrente, nella prima metà del settimo secolo
a.C. . Il componimento è in dialetto ionico e in verso giambico;
e qui sarà opportuno ricordare che all’interno delle forme letterarie
della poesia greca la iambiké idéa, la forma tipica del genere
giambico, è tradizionalmente collegata con l’aggressività e con
il ‘biasimo’. E’ la poesia giambica che, fin dai suoi inizi, utilizza
a scopo satirico materiale tratto dalla fiaba, e più precisamente
dalle fiabe di tipo esopiano, quelle che hanno come personaggi degli
animali parlanti: “E perché dovrebbe sembrare strano che parlino,
se hanno una natura divina?”, si chiedeva polemicamente un tardo
scoliasta di Omero. Gli animali della cosiddetta ‘satira contro
le donne’ di Semonide non parlano, ma non è escluso che anch’essi
mantengano un qualche rapporto con la fiaba, come dirò più avanti.
2.
Per quale motivo ho scelto di prendere le mosse da due passi che
in apparenza hanno poco o nulla in comune, appartengono a generi
letterari quanto mai diversi, sono cronologicamente così distanti
fra loro e per di più sono citati in ordine cronologico inverso?
Debbo dire, con una franca ammissione di edonismo storiografico,
che li ho scelti perché mi piacciono. Mi piacciono perché mostrano
con l’immediata evidenza del racconto quanto labile e insieme complesso
possa essere, nella rappresentazione degli antichi, e più specificamente
dei Greci, il confine fra l’animale e l’uomo.
Il primo testo, quello sugli aironi delle Tremiti, mostra che, in
un certo immaginario greco, il transito tra l’uomo e la ‘bestia’,
nella direzione che porta dall’uomo all’animale, può verificarsi,
classicamente, in una metamorfosi, la cui memoria è conservata da
uno o più racconti mitografici. Il mito dei compagni del morto eroe
Diomede trasformati in uccelli e insediati su un’isoletta dell’Adriatico
è riferito con molte varianti da poeti, poligrafi, mitografi e persino
sant’uomini come Agostino, sia greci sia latini. Molto, nella loro
nuova vita, ricorda quella antica, umana: essi costruiscono sull’isoletta
una complicata città sul modello di Tebe, lavano e curano la tomba
di Diomede, sanno distinguere i buoni dai malvagi, spariscono alla
vista degli Illiri, o, in un’altra visione, scacciano qualunque
barbaro osi avvicinarsi, insomma “preservano un elemento di grecità
in una terra straniera e ostile”. Storie non molto diverse si raccontavano,
ad esempio, per Achille: anche in esse figuravano uccelli, che potevano
volare ovunque, e far da tramite fra questo e altri mondi, fino
alle isole dei Beati’.
Il racconto di Eliano illustra assai bene credenze e pratiche cultuali
antiche e diffuse secondo cui un essere, umano o divino, maschile
o femminile, per ragioni genetiche o per circostanze sopravvenute,
per il bene o per il male, in via definitiva oppure incidentalmente,
poteva fare la prova dell’animalità. Come ricorda a giusto titolo
Oddone Longo, “non v’era stato un tempo in cui la stessa Atena era
civetta, Era vacca, Zeus toro? Solo la rivoluzione che agli albori
della civiltà greca avrebbe imposto il canone antropomorfico alle
divinità olimpiche doveva rendere essenziale l’interscambio di forme,
e la forma umana degli dèi sarebbe divenuta la regola”.
Nel passo di Claudio Eliano, romano filelleno che accetta con naturalezza
la metamorfosi dei compagni di Diomede, il metamorfismo degli aironi
avrebbe comportato una curiosa peculiarità: gli animali metamorfici
avrebbero conservato, nella nuova forma, tracce psicologiche e culturali
peculiari del loro passato umano, gli uccelli di Diomede non avrebbero
perduto la capacità di distinguere il Barbaro dall’Elleno, rifuggendo
dal primo, assumendo spontaneamente atteggiamenti conviviali con
il secondo. Una consapevolezza così forte della superiorità razziale
dei Greci è forse secondaria rispetto al mito principale, ma ritorna
in un altro passo della Natura degli animali (16. 24) in cui si
afferma che ad avere un debole per i Greci erano secondo Eliano
talune cavalle di razza italiana talmente ‘filellene’ da riconoscere
istantaneamente e infallibilmente, per qualche misteriosa capacità,
i Greci, nei cui confronti mostravano una vera propensione amorosa,
tanto da voler dormire accanto ad essi, mentre rifuggivano dai Barbari
come da bestie selvatiche.
Si incrociano, in quest’ultimo passo, segmenti di vari stereotipi,
fra cui quello della superiorità del greco sul barbaro, e vi si
apprende anche che l’animale è in grado di provare, per l’uomo ‘giusto’,
quindi greco, una passione amorosa; questa può essere talora sublimata,
oppure avere esiti tragici, o grotteschi. Un delfino innamorato
di un bellissimo giovanetto di Iaso uccide per disgrazia, durante
uno dei loro giochi abituali, il suo singolare eromeno, e si suicida
sul suo cadavere dopo essere riuscito a trasportarlo a riva: è la
novella sentimentale raccontata da Eliano. Animale ‘culturale’ per
eccellenza, amante della musica e delle arti, il delfino è rappresentato
come un eroe da romanzo. Un’analoga finezza di sentimenti, una sensiblerie
affine a quella di molti prodotti letterari coevi si può ritrovare
nelle storie di serpenti innamorati di belle fanciulle e quanto
mai romanzeschi sono anche gli strani triangoli amorosi fra animali
di vario genere, inclusi un cane e un ariete, da un lato, una arpista
ed anche il re d’Egitto, dall’altro’.
La fiaba, nel suo registro basso, è talora più beffarda, e meno
propensa ad ammettere metamorfosi ben riuscite. Una gatta, racconta
Esopo, innamorata di un bel giovanetto, ottiene da Afrodite di essere
trasformata in una bella ragazza. Ma il giorno delle nozze, messa
a prova dalla dea che libera nella stanza nuziale un topolino, si
mette a inseguirlo, e la dea irata la restituisce alla natura primigenia.
Si potrebbe supporre che la metensomatosi sia destinata a un insuccesso
quando la direzione è quella dall’animale all’uomo: ma questo non
è vero almeno per un uccello, la gru. Allegando la testimonianza
di Alessandro di Mindo, grande ornitologo del primo secolo d.C.,
Eliano afferma che verso la fine della vita le gru sono trasformate
in esseri umani come ricompensa del rispetto che hanno sempre tributato
ai loro genitori; e aggiunge che la notizia non può essere revocata
in dubbio, perché Alessandro è troppo intelligente e non ha nessun
interesse a mentire. Anche Celso, il filosofo neoplatonico che nel
secondo secolo d.C. combatte la tesi antropocentrista dei cristiani
e difende la tesi della pari dignità e dell’eventuale superiorità
dell’animale, nel quarto libro del suo Discorso vero esalta, senza
per altro far cenno alla metamorfosi, il comportamento delle gru
come esempio di autentica pietà filiale; e lo accosta a quello della
fenice, di cui afferma che a distanza di anni ritorna in Egitto
portando con sé il padre morto e avvolto in una palla di mirra per
seppellirlo nel tempio del sole’.
Tale versione, addotta anch’essa come prova di eusebeia da
parte dell’animale, è alternativa a quella più diffusa e teatrale
secondo cui la fenice, ogni cinquecento anni, si bruciava da sola
su un letto di aromi, cantando inni funebri in proprio onore. Quella
accettata da Celso deriva da Erodoto, il quale, con netto razionalismo
ionico, le rifiuta ogni credibilità. Celso, colto filosofo platonico,
a suo modo razionalista, impegnato in una polemica contro la credulità
e l’irrazionalità dei cristiani, non è per altro disposto a lasciare
per strada credenze, o pezzi di credenze, che appartengono a una
sapienza arcana ed esotica al cui fascino, da buon medioplatonico,
egli non si sottrae. Più propenso a mettere in mostra, nell’animale,
le caratteristiche intellettuali, Eliano preferisce invece sottolineare,
nella fenice, la capacità di calcolare esattamente lo spazio di
cinquecento anni senza l’aiuto dell’aritmetica.
Ma per tornare al tema della trasformazione dell’animale in uomo,
ossia alla metensomatosi verso l’alto, alla hodos ano, dal
pesce al filosofo, dirò che essa si è coagulata in miti religiosi
e filosofici che talora presuppongono una parentela di tutto il
vivente ancora più ampia di quella uomo-animale. Il mio discorso,
che tende a privilegiare un tipo di credenze meno colte e strutturate,
non prenderà in esame, se non occasionalmente, forme forti, come
ad esempio i grandi miti platonici, che riorganizzano ‘favole’,
proverbi, indovinelli, racconti di metamorfosi in chiave filosofica
e politica (...)
Per gentile concessione dell’autrice,
brano tratto dal saggio
Credenze e saperi sugli animali contenuto negli atti del
convegno
Saperla più lunga... I moderni di fronte alle teorie e alle pratiche
degli antichi
Quaderni del ramo d’oro Nr. 3 - 2000
Università degli studi di Siena - Centro Interdipamentale di Studi
Antropologici sulla Cultura Antica
Giuliana Lanata (12-03-1931) ha sperimentato
varie strade del mondo antico prevalentemente (ma non solo) greco,
a partire dal volume di esordio: Poetica preplatonica, La
Nuova Italia, Firenze (1963) per arrivare al più recente
fra i suoi scritti: Omero e i suoi doppi, in "Seminari
romani", IV 2, Roma (2001).
Segnaliamo
fra i suoi saggi: Sul linguaggio amoroso di Saffo, in
"Quaderni urbinati di cultura classica" II
(1966), pp.63-79 (trad. inglese in Ellen Green, Reading Sappho's
contemporary approaches, University of California Press, Berkeley
- Los Angeles, 1996); Esercizi di memoria, Bari, Levante,
(1989).
Fra i classici tradotti: Ippocrate, Opere, Boringhieri,
Torino (1961) - Celso, il discorso vero, Adelphi,
Milano (1987).
Fra i suoi saggi femministi:
Sogni di donne nel primo cristianesimo, Torino, Loescher
(1996).
Ricordiamo
inoltre l’organizzazione con Silvana Castignone del convegno internazionale:
Filosofi e animali nel mondo antico tenutosi presso il centro
di Bioetica di Genova nel 1992.(gli
atti del convegno sono stati pubblicati da Edizioni ETS, Pisa
nel 1994)