Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c 22100 Como
ANIMA-LI

mostra tematica interdisciplinare
21 febbraio al 1 aprile 2004

A scuola dalle analogie
di Giorgio Celli


Interpretare i comportamenti cosiddetti “superiori” dell’uomo partendo “dal basso” significa, forse, non dare a Cesare quel che è di Cesare, e praticare quel “riduzionismo” oggi inviso agli scienziati, e ai filosofi dediti alla “sfida della complessità”. Ma il loro dissenso non sarà, in qualche misura, il risultato di un equivoco? Colpa dei positivisti, dei Vogt e dei Buchner, che, se non avevano proprio “inventato” questo approccio, l’avevano, è certo, ampiamente chiamato in causa. Ahimè, essendo non dotati di alcuna sensibilità per le “sfumature”, erano riusciti quasi sempre ad apparire semplicisti, quando non grossolani. In realtà, procedere nell’esame di un fenomeno dal “basso all’alto” non è cosa in sé riprovevole, o scorretta dal punto di vista epistemologico, a patto che si tenga ben presente di star facendo “proprio questo” e che ci si astenga dal reificare le metafore. Mi spiego meglio: dire, come Rutherford, che un atomo con i suoi elettroni potrebbe essere analogo a un sistema solare in miniatura, significa proporre delle verifiche attraverso una metafora. L’analogia formale nasconde una qualche analogia funzionale? Si tratta di pensare per modelli, e non di rovesciare il telescopio! Ahimè, spesso i positivisti peccavano di troppo realismo, e identificando le parole con le cose, finivano per fare, malgrado loro, della cattiva metafisica. Excusatio non petita... intendo sgombrare il campo da ogni equivoco, perché sto per proporvi un divertissement sulla biologia dell’ arte, con intenti lucidi, ma, se considerati alla luce del posto dell’uomo nella natura, anche segretamente pedagogici. Veniamo subito al sodo: esiste in natura un insieme di fenomeni straordinari che sono stati rubricati dagli scienziati con la parola comprensiva di mimetismo. Nell’accezione più propria, la parola allude alla presenza di una “imitazione”, e cominciamo, allora, con la scorta di Winckelmann, a evocare Zeusi che dipinge sulla parete di una casa un cesto d’uva. La verosimiglianza dell’affresco è tale che gli uccelli scendono in frotta a beccare gli acini. Dunque, per Zeusi far pittura significa rifare la natura, e il Rinascimento, dopo gli “anni bui” delle chimere artigliate alle cattedrali, farà sua questa teoria dello stare allo specchio. Torniamo, ora, al mimetismo, e ritroviamoci in compagnia di Henry Bates, sulla metà del secolo scorso, a caccia di farfalle nelle foreste dell’Amazzonia. Il naturalista, che vive in quell’Eden da un decennio, ha notato che certe farfalle si somigliano moltissimo tra di loro, anche se non esiste alcuna affinità sistematica. Perché mai? Ci pensa e ci ripensa, e gli viene in aiuto Charles Darwin. Il padre dell’evoluzione dà alle stampe, nel 1859, il libro cruciale; non parla affatto di mimetismo, ma fornisce a Bates la chiave per capirci un bel po’ in merito. Il cacciatore di farfalle è abituato a cogliere le cose al volo, anche le idee, a quanto sembra, ed è con sorprendente tempestività che nel 1861 pubblica una memoria scientifica in cui, per primo, impiega la selezione naturale di Darwin per spiegare un certo fenomeno biologico. Insomma, ecco i fatti: due specie di farfalle “somiglianti” sono entrambe predate dagli uccelli, solo che l’una, che funge da modello, è di gusto abominevole, mentre l’altra, il cosiddetto mimo, è molto appetitosa. Succede che quando il predatore alato fa esperienza del sapore disgustoso del modello, cessa di perseguitarlo, e sospende anche la caccia del mimo, perché lo scambia per l’altro. In principio, c’era solo una somiglianza casuale, e forse percettivamente incerta, ma ecco che gli uccelli, premiando gli individui del mimo più conformi, hanno perfezionato, nel corso delle generazioni, la sua specularità. Questo mimetismo, fondato su di un errore percettivo, chiamato in onore del suo scopritore batesiano, attiva una pièce a tre attori. Ricordando Zeusi, il modello è il cesto d’uva reale, il mimo è il cesto d’uva in affresco, l’osservatore ingannato è l’uccello che becca i finti acini. Se l’arte, come ha decretato Ernst Gombrich, è illusione, il mimetismo è il suo “doppio biologico”. Ha ragione Adolf Portmann, allora, a scrivere che la natura opera come un artista e che il mondo è il suo atelier? La selezione naturale “ritocca” gli errori di conformità del mimo, finché la sua opera d’arte organica non risponde del tutto alle aspettative. Sulle spalle di Leonardo da Vinci si posa il fantasma dell’uccello insettivoro. Ambedue fabbricano illusioni, l’uno di donne misteriosamente sorridenti, l’altro di farfalle diabolicamente travestite. Ma se tutto questo è vero, opinava un mio amico storico dell’arte, la natura, e chiedeva scusa per il calembour, produrrebbe soltanto un’ arte naturalista? E la pittura astratta? La biologia dell’arte sarebbe soltanto apollinea, non prevederebbe Pollock ma solamente Rembrandt. Macché, nel mimetismo troviamo tutto di tutto, non solo l’imitazione, ma perfino l’astrazione e il surrealismo. Prendiamo il caso del mimetismo terrifico: il rapporto di specularità tra modello e mimo non è più lineare, si problematizza. Il modello diventa sincretico, irreale, potenziale, come i paesaggi del mondo nelle manipolazioni cubiste di Picasso e di Braque. Aspiro a farvi capir meglio tutta la faccenda con un esempio: una mantide dal nome esoterico, Pseudocreobotra wahlbergi, quando intende spaventare un suo persecutore, assume una strana postura: apre le ali, esibisce delle macchie oculari che ha in appannaggio, sulle ali anteriori, piega a sinistra e a destra, simmetricamente, le zampe raptatorie. Imita una creatura terribile.., che non esiste. Un mostro irreale, anzi surreale, come un reperto onirico di Max Ernst. La nostra mantide fa della body-art puntando sulla trasfigurazione invece che sulla rappresentazione. Molte farfalle la seguono per questa strada. Hanno in dotazione, sulle ali, delle macchie oculari, e quando vengono poste in stato di emergenza, per esempio da un uccello con cattive intenzioni, lo spaventano esibendo di colpo quelle pupille vicarie. Il predatore resta sconcertato, come se si fosse imbattuto, in un paese d’Alice ornitologico, in un gatto magico, di cui solo gli occhi siano rimasti visibili. La farfalla si difende, così, evocando un felino astratto, una metonimia di felino, in cui l’occhio sta per l’intero animale. Ma precisiamo un po’ meglio l’aspetto surrealista del mimetismo, già citato. Sarà utile ricordare che il surrealismo è stato una corrente artistica e letteraria del nostro secolo, che ha promosso, come tecnica per produrre effetti estetici, lo “spaesamento”. L’ipotesi era che far arte coincida col far saltare in aria le idee coatte, i concatenamenti logici, proponendo, come ha scritto Lautreamont, uno dei precursori di André Breton, il capofila del clan, “l’incontro di un ombrello e di una macchina da cucire su di un tavolo operatorio” come il paradigma più proprio della metafora pittorica e poetica. Insomma, spaesare significa mettere “fuori posto”, contraddire le aspettative codificate, coltivare il gusto e le alchimie degli accostamenti impossibili, dei comportamenti anormali. Devo dire, allora, che, anche in questo caso, certi animali, molto prima di Lautreamont, hanno dimostrato di essere dei maestri nell’ arte dell’imprevedibile, e non esito ad annoverarli tra gli ascendenti biologici di Salvador Dalì, e soci. Esiste un insetto della Tailandia, un emittero, che esibisce, all’estremità addominale, due macchie, una per parte, di forma oculare, e due curiosi prolungamenti a clava, simmetrici a loro volta, che sembrano delle vere e proprie antenne. Insomma, tutto il congegno morfologico si configura come una macchina ottica illusoria, che suggerisce una testa... dove non c’è. A che cosa serve questa mascherata? Non è ben chiaro, ma una delle ipotesi più probabili è che abbia, per l’insetto, una funzione protettiva, che ne favorisca la sopravvivenza. Quando un predatore si avvicina al nostro illusionista, sicuramente con cattive intenzioni, non lo vede spostarsi con la testa in avanti, ma con il “passo del gambero”. Questo movimento “spaesato” sconcerta il killer potenziale, che esita ad aggredire la strana creatura? Oppure, supponiamo che si tratti di un uccello, la finta testa attirerà su di sé quei colpi di becco che, inferti a quella vera, riuscirebbero ben più letali? Queste nostre escogitazioni ellittiche su di un parallelo possibile tra il mimetismo e l’arte non sono, come qualche allievo di Croce potrebbe credere, del tutto deliranti. Ernst Gombrich, il prestigioso storico dell’arte che abbiamo già chiamato in causa, in un suo saggio sulle “scoperte visive attraverso l’arte” non ha esitato a mettere in relazione i fenomeni mimetici con quelli estetici. Il fatto è che, riduzionismo o no, il mondo dei viventi ha una sua intima coerenza, e in tutto quello che l’uomo fa brilla, come una pepita sommersa, il segno, anzi il geroglifico, delle sue origini.

“Talora, mentre pianto un chiodo nel muro di casa mia per appendere un quadro, o quando, forse ancor più raramente, faccio un po’ di ginnastica da camera gridando hop! hop!, allorché, insomma, mi comporto in maniera inconsueta, scopro che il gatto mi osserva. Sta lì, sul divano, con gli occhi sgranati e una espressione, lasciatemi dire così, tra la meraviglia e la curiosità. Mi viene il dubbio, allora, che da sempre ci siano nell’appartamento due etologi a confronto: un uomo che cerca di capire un gatto... e viceversa.”

Da Bestiario postmoderno di Giorgio Celli - Ed Riuniti 1990


Note Biografiche

Giorgio Celli ha seguito studi prevalentemente scientifici e oggi svolge delle ricerche presso l'Istituto di Entomologia dell'Università di Bologna.
Ha dato alle stampe più di un centinaio di lavori scientifici. Si è occupato di ecologia del campo coltivato, con particolare riferimento ai metodi biologici di contenimento delle popolazioni di insetti dannosi alle colture, in alternativa ai pesticidi.
Ha fondato una "biofabbrica" di insetti utili a Martorano di Cesena, una struttura unica nel nostro paese, che fornisce agli agricoltori gli ausiliari, allevati massivamente in laboratorio, per difendere il loro prodotto dall'assalto delle specie nocive.
Si è occupato di parassitismo e di equilibri delle popolazioni entomatiche e ha dato vita a due centri di ecologia applicata, gestiti l'uno dalla provincia di Bologna, con sede a Crevalcore, e l'altro presso il comune di Comacchio. In ambedue i centri si lavora nel senso di controllare biologicamente le zanzare nei lidi ferraresi e nel parco del Delta del Po e di sostituire i pesticidi con mezzi biologici più rispettosi dell'ambiente e della salute umana.
Si è occupato anche di ecologia, con un progetto esteso durante alcuni anni in tutto il nord dell'Italia (300 stazioni di rilevamento) impiegando l'ape come indicatore biologico dell'inquinamento da pesticidi del territorio. In diverse città (Bologna compresa) l'ape è stata utilizzata come sensore mobile del piombo atmosferico di origine veicolare.
Etologo, ha svolto ricerche sull'intelligenza e la percezione visiva delle api.
Giorgio Celli ha coltivato da sempre, in parallelo con la ricerca scientifica una intensa attività di divulgatore, di scrittore e di critico d'arte. Ha fatto parte del Gruppo 63 e ha pubblicato romanzi, libri di versi, e testi teatrali.
Un suo testo "Le tentazioni del professor Faust" (Feltrinelli, 1976) ha vinto, nel 1975, il Premio Pirandello, e due altre piece sono state messe in scena al Festival dei due mondi di Spoleto, "Il sonno dei carnefici" nel 1975 e "Vita e meravigliose avventure di Lazzarino da Tormes" nel 1977.
Per il Nono Centenario dell'ateneo bolognese è stato rappresentato in aula magna un suo testo "Copernico e le stelle" lo stesso giorno del conferimento della laurea honoris causa a Dubcek.
Ha inoltre curato nel 1986, un settore nell'ambito di "Arte e scienza" alla Biennale di Venezia.

L'ipotesi che regge tutto il suo lavoro tende a una riunificazione delle due culture, quella scientifica e quella artistica, un problema che, considerate le sue esistenze parallele, sembra essere per lui a un tempo esistenziale e storico.

Tra le pubblicazioni più recenti ricordiamo:

-La scienza del comico (Calderini 1982), tradotto anche in tedesco,
-Etologia da camera (Rizzoli 1983, ora nella Bur, 1994),
-Ecologi e scimmie di Dio (Feltrinelli 1985, ora in Universale Economica),
-Bestiario postmoderno (Editori Riuniti 1990),
-Bugie, fossili e farfalle (Il Mulino 1991), a sua volta tradotto in tedesco,
-Sotto la quercia (Feltrinelli 1992),
-Etologia della vita quotidiana (Cortina 1992),
-Versiverdi (La Corte 1993),
-Dio fa il professore (Bollati Boringhieri 1994),
-Oltre Babele (Marsilio 1994),
-La vita segreta dei gatti (Muzzio 1994),
-Come le vespe d'autunno (Marsilio 1995),
-Gatti, gatti gatti e altre storie (Muzzio 1995) e altri.

Collabora con "La Stampa" ed è autore e conduttore da diversi anni di una rubrica televisiva dal titolo "Nel regno degli animali".

Dal 1999 lavora al Parlamento Europeo come eurodeputato eletto nelle liste dei Verdi.

Chi volesse saperne di più può collegarsi a:

http://www.entom.agrsci.unibo.it/

http://www.giorgiocelli.it

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