Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c - Como - archivio storico documentativo

30 gennaio - 25 febbraio 2010
-TRANSITI
mostra personale di
Alberto Peruzzotti

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Transiti
di: Michele Caldarelli

Giusto due anni fa
di: Alberto Peruzzotti


Transiti
di: Michele Caldarelli

Che tutto l'universo, alle origini, fosse contenuto in un che di proporzionalmente infinitesimale, grande quanto un pallone da calcio (modernizzato quanto improprio sostituto simbolico della più fascinosa zucca partorita da Sumati nel mito indiano -Ramayana, 300 a.C.- dalla quale in seguito nacquero 60mila figli) è un'idea foriera di inquietudine metafisica quanto quella del punto, elemento primo, privo di dimensione e dal cui movimento tutto l'immaginario geometrico sgorga, per traslazioni e infinite riflessioni/moltiplicazioni. Nella immaginazione geometrica, moti uniformi e continui, o alterni e disomogenei, generano l'universo delle forme visibili, ora governate da cristallina geometria apollinea, ora convulse da orgiastica energia dionisiaca...; questo concerne l'esperienza umana che nell'esercizio dell'arte trova strumento efficace di espressione delle inquietudini o registrazione puntuale delle osservazioni. Di queste dinamiche si sono nutrite tutte le teorie artistiche, ora asserendo un primato, ora l'altro, senza raggiungere la ragione assoluta di parte... come la storia insegna, tutto resta sempre controvertibile quasi ad ogni cambiamento di moda, ad ogni mutare del vento filosofico, ad ogni fluttuare di brezza poetica... andando a confermare, ogni volta in più, che il vero scopo dell'arte sta nel registrare l'effetto del mutamento sull'istante esistenziale, nell'attraversamento di porte mai completamente aperte e mai totalmente chiuse... sempre sulla soglia, sempre in transito. Questo Peruzzotti lo ha ben compreso, lavorando le superfici come materia organica, interpretando i volumi come proiezioni dinamiche di forme ndimensionali nello spazio, sfruttando le possibilità mutevoli dei piani obliqui, cangianti nello stemperarsi del colore nell'opacità di fondo o nella luminosità di superficie in un gioco raffinato di tonalità. I suoi oggetti dipinti autentici gnomoni della visione, dalle superfici accuratamente articolate e sagomate, individuano la persistenza dell'effimero, quotidianamente, sulla parete dove sono state collocate, dialogando con la luce diurna dal primo manifestarsi mattutino all'ultimo chiarore serale... ricordandoci, come il più preciso degli orologi, che la vita è un grande serio gioco e che se l'esercizio dell'arte è una risultante contemporaneamente ludica e di esercizio di manualità, lo è anche di approfondimento filosofico.


Giusto due anni fa
di: Alberto Peruzzotti

Giusto due anni fa me ne andavo passeggiando per i viottoli di Roussillon, un paesino all'interno della Provenza rinomato per le sue ocre che colorano di un particolare rossiccio il terreno e le case; avevo appena acquistato dei barattoli di pigmento e andavo meditando di usarli per i miei prossimi lavori. Quei colori li sto ancora usando, sono quasi terminati. L'idea di partenza per questi lavori era basata sull'uso delle forme curve, sentivo l'esigenza di rompere l'usuale ortogonalità legata all'idea del quadro come "finestra sul mondo", per quanto questo "mondo" si fosse trasformato, con l'astrazione, in pura superficie. Nulla di nuovo, per carità. Avevo già inclinato piani e supporti, da quando avevo ripreso in pieno il discorso pittorico, ma ora la superficie si fa tridimensionale, si aggetta, irrompe e sfugge nello spazio. Restano frammenti dei tracciati lineari che erano stati il punto di partenza di quella ripresa del discorso pittorico. Parlo di "ripresa" perché ero uscito da un ciclo di lavoro dove avevo usato in primis la fotografia, o meglio dei frame dei miei film preferiti, una sorta di personale storia del cinema (del quale resto appassionato) andata sotto il nome di Home Video Painting; le immagini tratte dai film erano comunque affiancate da momenti pittorici. Ho voluto riavvicinarmi alla mia passione prima, la pittura, con i mezzi più semplici ed essenziali, ma ora anche i supporti (di solito tavole) diventano protagonisti, balzano in primo piano, frutto di un lavoro squisitamente manuale che è diventato piacevolezza artigiana; mi sembra quasi di costruire prototipi, forme in prova sulle quali apportare aggiustamenti, correzioni, rifiniture. Ho sempre apprezzato il procedimento pratico di lavoro, visto nelle sue diverse fasi, la preparazione del supporto, l'imprimitura, le varie stesure, e spesso l'ho lasciato intravedere nell'opera terminata. Può essere anche una sorta di recupero della tradizione non considerata nei miei furori giovanili… La strada maestra resta per me l'astrazione, ma senza lasciarmi rinchiudere in un senso unico, anzi, lasciando aperte le porte a nuove intuizioni e ad altri percorsi, senza limitazioni di mezzi e linguaggi. Se penso a qualche artista del '900 che ha lasciato in me una traccia, mi vengono in mente due personaggi un po' pedagoghi e un po' bambini: Klee per l'articolazione e la teorizzazione della forma e della figurazione, e Munari, "…quello delle macchine inutili", per la giocosità, la leggerezza, la poliedricità. Ma non cercate riferimenti formali visibili, piuttosto un modo di intendere l'arte come "similitudine della creazione…un esempio, come il terrestre è un esempio cosmico".

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